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Sciopero della fame per riavere il corpo di Audaw Hathaleen: 60 donne palestinesi chiedono giustizia

Immaginate cosa fosse successo se i palestinesi avessero sequestrato la salma di un cittadino israeliano
Sciopero della fame per riavere il corpo di Audaw Hathaleen: 60 donne palestinesi chiedono giustizia
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Da giovedì 31 luglio, più di 60 donne del villaggio palestinese di Umm al Khair, nel sud della Cisgiordania, hanno iniziato uno sciopero della fame. La loro richiesta è semplice e profonda: riavere il corpo di Awdah Hathaleen, ucciso a sangue freddo pochi giorni prima da un colono israeliano, Yinon Levi, durante un violento attacco al villaggio.

Le donne chiedono anche il rilascio degli abitanti arrestati dopo l’incursione. Due di loro sono già state ricoverate per complicazioni legate allo sciopero, ma affermano con determinazione che non interromperanno la protesta finché le loro richieste non saranno accolte.

Awdah Hathaleen, figura di riferimento nella comunità, è stato colpito lunedì 28 luglio mentre cercava di difendere le terre del villaggio, invase e devastate con mezzi pesanti. L’omicidio è avvenuto alla luce del giorno, davanti a testimoni, ed è stato documentato in un video diffuso ampiamente. Il suo corpo, trasportato all’ospedale Soroka di Beer Sheva, è stato poi trattenuto dalla polizia e inviato all’Istituto Nazionale di Medicina Legale di Abu Kabir, a Giaffa, per l’autopsia. Nonostante l’esame sia stato completato, le autorità si rifiutano di restituire la salma alla famiglia, subordinandone la restituzione a condizioni che la comunità definisce “umilianti”: un funerale notturno, silenzioso, con non più di 15 persone, fuori dal villaggio, senza tenda del lutto. La famiglia ha rifiutato: “Awdah non è un ladro, e non lo seppelliremo nell’oscurità”.

Il lutto è sospeso. Il dolore della comunità è trattenuto, congelato in attesa di poter salutare uno dei suoi figli più amati nel rispetto delle proprie tradizioni. Una delle donne in sciopero ha dichiarato: “Dobbiamo continuare questo sciopero della fame, finché con l’aiuto di Dio non ci restituiranno il corpo. È il minimo che possiamo fare per Awdah. Ogni bambino del villaggio lo conosceva. Non c’è nessuno come lui, e mai ci sarà.”

La protesta proseguirà fino a quando non saranno accolte le tre richieste fondamentali:
– la restituzione del corpo di Awdah Hathaleen;
– il rilascio degli abitanti arrestati;
– l’arresto di Yinon Levi, attualmente a piede libero dopo la fine degli arresti domiciliari.

Umm al Khair chiede giustizia. E chiede che il mondo ascolti.

Immaginate cosa fosse successo se i palestinesi avessero sequestrato la salma di un cittadino israeliano, dopo che questo fosse stato ucciso da un colono palestinese (e rimesso in libertà poco dopo dalle autorità). Ci sarebbero prime pagine dei giornali, dibattiti in tv e alla radio, nonché fiumi di inchiostro in editoriali. Le parti però sono invertite, ad essere stato ucciso è il palestinese (l’ennesimo): Awdah Hathaleen, che aveva partecipato al documentario premio Oscar No Other Land, nella sua terra, da un colono israeliano già sulla lista delle sanzioni di Ue e Usa (poi Trump un anno fa ha pensato bene di rimuoverlo) quindi la cosa non è degna di tante discussioni nei nostri media mainstream.

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