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“Avrei lasciato i resti in montagna”, la madre di Alessandro Venier e la compagna volevano far sparire il corpo

Udine - "Pensavamo di poter fare tutto da sole, una volta sezionato, sarebbe bastato attendere che si consumasse prima di portarlo in montagna" ha confessato Lorena Venier
“Avrei lasciato i resti in montagna”, la madre di Alessandro Venier e la compagna volevano far sparire il corpo
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Togliere la vita, fare a pezzi il corpo, attendere che si consumasse e poi abbandonarlo in montagna. Era questo il piano di Lorena Venier, 61 anni, e Mailyn Castro Monsalvo, 30, madre e compagna del 35enne Alessandro Venier, ucciso e lo scorso 25 luglio a Gemona, in provincia di Udine. Due giorni dopo, il 27 luglio, l’uomo sarebbe dovuto partire per la Colombia assieme alla compagna e alla figlia di sei mesi. Un trasferimento che avrebbe lasciato sola la madre, preoccupata che i comportamenti del figlio, di cui conosceva una presunta tendenza agli scatti d’ira, mettessero a rischio la donna e la bambina.

“Pensavamo di poter fare tutto da sole, una volta sezionato, sarebbe bastato attendere che si consumasse prima di portarlo in montagna” è quanto detto agli inquirenti l’infermiera 61enne. La donna ha fornito agli investigatori una lunga confessione su quanto accaduto quel giorno. “Pensavo che con il tempo si sarebbe consumato. Successivamente, lo avrei portato in montagna per abbandonarlo lì, dove lui diceva che voleva fossero destinate le sue spoglie”, ha spiegato ancora, confermando come il fatto non abbia interessato altre persone al di là delle due donne.

“È stata Mailyn a chiamare il 112: il piano era attendere poi far sparire i resti, ma ha avuto una crisi” ha spiegato ancora Venier agli inquirenti durante la ricostruzione di cosa è successo nella settimana tra il 25 e il 31 luglio, quando la 30enne ha richiesto l’intervento delle forze dell’ordine. “Mia suocera ha ucciso il figlio“, le parole dette agli operatori al telefono, seguite da un “No, Lorena, no”, forse a causa della suocera che tentava di strapparle il telefono di mano.

Un litigio che sarebbe testimoniato da alcuni lividi sulle braccia della donna. Quando gli agenti arrivano Lorena Venier ha in braccio la piccola, mentre Mailyn Castro è in stato confusionale. Poi, parlando con gli inquirenti, racconta una versione diversa da quella data al telefono, assumendosi le sue responsabilità. Tuttavia le dichiarazioni della donna, che è stata colta da un malore, non sono ancora state messe a verbale. La donna si è inoltre avvalsa della facoltà di non rispondere durante la successiva udienza di convalida dell’arresto, a Udine, così come consigliata dall’avvocata, Federica Tosel.

Venier ha anche raccontato agli inquirenti di essere stata lei, da sola, a sezionare il corpo del figlio: “Ho utilizzato un seghetto e un lenzuolo per contenere il sangue e l’ho sezionato in tre pezzi: non ci sono stati schizzi, per questo i carabinieri hanno trovato tutto in ordine”, è la drammatica sintesi del racconto. “Mailyn è intervenuta soltanto per spostare le tre parti nell’autorimessa. Una volta inseriti i resti nel barile, lei ha anche usato la calce viva per coprirli. Sarebbero dovuti restare lì fino a quando, consumati, potevo trasportarli in montagna, per disperderli nel bosco”, ha aggiunto la 61enne.

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