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Da aprile gli Usa hanno incassato 152 miliardi di dazi, ma salgono i prezzi. Ancora in alto mare il testo dell’accordo con l’Ue

Lunedì a Bruxelles il Comitato barriere doganali dovrebbe formalizzare la sospensione temporanea del pacchetto di contromisure Ue da 93 miliardi. E il ministro delle Finanze tedesco Lars Klingbeil incontrerà a Washington il segretario al Tesoro Scott Bessent: la Germania vuol salvare il settore auto
Da aprile gli Usa hanno incassato 152 miliardi di dazi, ma salgono i prezzi. Ancora in alto mare il testo dell’accordo con l’Ue
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A una settimana dall’intesa politica annunciata in pompa magna da Donald Trump e Ursula von der Leyen, ancora non si è visto un testo condiviso che metta nero su bianco i contenuti del deal visto come fumo negli occhi da molte capitali. Il documento congiunto Usa-Ue è tuttora in discussione e a Bruxelles cresce il timore che si navighi a vista almeno fino a settembre. Intanto, Washington incassa: secondo il New York Times, da aprile a oggi le tariffe introdotte dalla Casa Bianca hanno fruttato al Tesoro federale 152 miliardi di dollari, quasi il doppio rispetto ai 78 miliardi dello stesso periodo dell’anno fiscale precedente. Solo a luglio, i dazi hanno generato quasi 30 miliardi di dollari. E questo prima che scattino le nuove tariffe previste dall’ordine esecutivo firmato il 1° agosto, che entreranno in vigore giovedì 7.

Secondo le stime degli analisti, le misure varate da Trump – tariffe a livelli mai visti da quasi un secolo – potrebbero portare oltre 2.000 miliardi di dollari nelle casse pubbliche nel prossimo decennio. Ma il rovescio della medaglia è pesante: stando al Budget Lab dell’Università di Yale, ogni famiglia americana subirà una perdita di potere d’acquisto pari a 2.400 dollari all’anno. L’imposta media implicita sui beni importati salirà al 18,3%, il livello più alto dal 1934, con un aumento dei prezzi al consumo stimato nell’1,8% nel breve periodo. Finora diversi fattori hanno attutito l’impatto dei dazi: il loro rinvio, le scorte accumulate dalle aziende, le forniture ordinate con anticipo, la decisione delle società di assorbire i maggiori costi. Ma ora la tregua sta per finire e i listini autunnali sono destinati a cambiare radicalmente. Le aziende stanno iniziando a scaricare sui consumatori la maggior parte dei costi legati ai dazi. E negli ultimi giorni Adidas, Procter & Gamble, Stanley Black&Decker e altre grandi aziende hanno comunicato agli investitori di aver aumentato i prezzi o di aver pianificato di farlo a breve per compensare l’onere delle tariffe. Tra queste EssilorLuxottica, il più grande produttore mondiale di occhiali, tra cui i Ray-Ban. Aziende come Walmart e i produttori di giocattoli Hasbro e Mattel avevano già avvertito che i dazi avrebbero portato a un aumento dei prezzi.

Lunedì 4 agosto si apre una settimana cruciale. A Bruxelles, il Comitato barriere doganali dovrebbe formalizzare la sospensione temporanea del pacchetto di contromisure Ue da 93 miliardi di euro, incluse le tariffe da 21 miliardi preparate in risposta ai dazi Usa su acciaio e alluminio. La decisione, che dovrà poi essere ratificata entro due settimane in procedura scritta dai 27 Stati membri, dovrebbe prevedere una sospensione di sei mesi, non un’archiviazione. Tra le cancellerie europee c’è però chi non vorrebbe arretrare. Sempre lunedì, a Washington, il ministro delle Finanze tedesco Lars Klingbeil incontrerà il segretario al Tesoro Scott Bessent: sul tavolo ci sarà inevitabilmente il dossier commerciale transatlantico, con la Germania determinata a tutelare l’export industriale e il sistema automotive. Per ora le esenzioni sui prodotti strategici non hanno preso forma e le auto Ue restano gravate da un dazio del 27,5%.

Il negoziato dovrebbe concludersi — almeno in teoria — prima dell’entrata in vigore dell’ordine esecutivo giovedì. Dai dispositivi medici ai liquori, dagli aerei ai prodotti alimentari, sono molti i settori per cui singoli Paesi (Italia in testa) sperano di ottenere uno sconto o l’azzeramento della tariffa. “Dobbiamo difendere con le unghie e con i denti i nostri prodotti”, ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Secondo la Cgia, l’impatto potenziale per l’Italia potrebbe aggirarsi tra i 14 e i 15 miliardi di euro l’anno — quanto il ponte sullo Stretto.

E mentre la Commissione si avvia alla pausa estiva, con pochi commissari ancora presenti a Bruxelles, crescono i segnali di malumore. Il rischio, per Ursula von der Leyen, è che i Paesi inizino a muoversi in ordine sparso, delusi dalla protezione garantita finora dall’esecutivo europeo. Una frammentazione che appare tanto più concreta se si guarda agli oltre 1.300 miliardi — di cui 750 relativi ad acquisti di idrocarburi — promessi a Washington per scongiurare una guerra commerciale totale. A settembre, poi, si aprirà un altro fronte: quello degli eventuali ristori alle imprese colpite. Giorgia Meloni li ha già evocati, ma nelle capitali Ue il consenso è tutt’altro che compatto. Toccherà alla presidente della Commissione tentare di ricucire. Senza passi avanti agostani, al rientro a settembre potrebbe trovarsi assediata.

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