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Nuovo stadio a San Siro, per Sala è una priorità: “A settembre riparte il percorso, l’obiettivo è rispettare i tempi”

Nel suo intervento in Consiglio, il sindaco ha inserito la vendita del Meazza a Milan e Inter tra i punti programmatici da portare avanti. Che cosa comporta e perché c'è tanta fretta
Nuovo stadio a San Siro, per Sala è una priorità: “A settembre riparte il percorso, l’obiettivo è rispettare i tempi”
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Per Beppe Sala la vendita di San Siro è una priorità. Era noto, ma il sindaco indagato lo ha confermato anche nel suo intervento in Consiglio comunale, citando il nuovo stadio di Milano nell’elenco dei punti programmatici da portare avanti fino a fine legislatura: “Dobbiamo da settembre riavviare il percorso consiliare sullo stadio con l’obiettivo di rispettare i tempi che il progetto richiede”. Nonostante l’inchiesta che ha travolto la giunta Sala e il sistema urbanistico meneghino, l’obiettivo è chiaro: l’affare della vendita di San Siro a Milan e Inter deve andare in porto. Ci sono troppi interessi in ballo, legati ai costruttori, ai due potenti club di calcio e perfino ai futuri Europei 2032.

Sala nel passaggio in cui ha citato lo stadio ha sottolineato le tempistiche. Che in questa storia ora diventano cruciali. Il sindaco infatti puntava a portare la delibera sulla vendita dello stadio in giunta proprio oggi, per poi approdare in Consiglio comunale con la discussione e chiudere la partita entro il 31 luglio, cedendo tutta l’area di San Siro a Milan e Inter per circa 197 milioni di euro (questa è la valutazione dell’Agenzia delle Entrate). Il suo cronoprogramma è ovviamente saltato quando è esplosa l’inchiesta. Ma ora c’è fretta per fare tutto a inizio settembre. Il motivo è semplice: il 10 novembre scatterà il vincolo storico-culturale sul secondo anello dello stadio, che renderebbe impossibile abbattere il Meazza. Per poterlo aggirare, la vendita ai privati va chiusa prima di quella data. Solo così Inter e Milan potranno demolire San Siro e fare spazio al loro nuovo impianto di proprietà, oltre ovviamente a una serie di altri palazzoni.

Su questo vincolo, il Tar di Milano ha già dato ragione a Palazzo Marino, respingendo il ricorso del Comitato Sì Meazza che invece proponeva una diversa interpretazione sull’inizio del vincolo, da far risalire a gennaio 1955. I giudici amministrativi hanno confermato la data del 10 novembre, che però è la deadline oltre la quale l’affare salta. A Milan e Inter a quel punto resterebbero due alternative: scegliere un’altra area dove fare lo stadio (San Donato per i rossoneri) oppure ristrutturare il Meazza, opzione che non hanno mai voluto prendere in considerazione perché considerata infruttuosa. Il sindaco Sala quindi ha fretta, sa che i prossimi mesi saranno quelli decisivi: già con un via libera a settembre ci sarebbe una corsa contro il tempo per arrivare alla vendita definitiva entro novembre.

Per questo, Sala nel suo discorso ha sottolineato che su San Siro la maggioranza lo deve sostenere. A Palazzo Marino lo sostengono formalmente 31 consiglieri su 48. Ma sul tema San Siro già si nota qualche scricchiolio: il leader dei Verdi, Angelo Bonelli, ha già annunciato che voteranno contro. Carlo Monguzzi, consigliere comunale dei Verdi, in una nota ha attaccato: “Tutto è finito a tarallucci e vino. Inaccettabile, L’unica cosa che interessa è vendere San Siro“. Certamente lo stadio è una priorità per Sala: o chiude la vendita adesso o non ci sarà più occasione. Restano però anche gli allarmi contenuti nelle carte della Procura di Milano, che parlano di potenziale “conflitto di interessi” pure su San Siro. Il riferimento è ai rapporti tra Giuseppe Marinoni, presidente della Commissione paesaggio, e l’architetto Federico Pella. Secondo chi indaga, avevano “elaborato le loro ‘strategie‘ sullo stadio in vista di ogni possibile opzione”.

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