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Open arms, i pm di Palermo impugnano in Cassazione l’assoluzione di Salvini: “Errori di diritto nella sentenza”

La Procura ricorre direttamente alla Suprema Corte sull'obbligo dell'Italia di fornire un porto sicuro: "Il Tribunale non ha motivato"
Open arms, i pm di Palermo impugnano in Cassazione l’assoluzione di Salvini: “Errori di diritto nella sentenza”
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La Procura di Palermo ha impugnato direttamente in Cassazione, senza passare per il grado d’Appello, la sentenza che il 20 dicembre scorso ha assolto Matteo Salvini dalle accuse di sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio per il caso Open Arms dell’agosto 2019. Si tratta del cosiddetto “ricorso per saltum“, con cui si chiede alla Suprema Corte di pronunciarsi unicamente sulle questioni di diritto alla base del processo, senza rivalutare i fatti. L’assoluzione del vicepremier, ai tempi ministro dell’Interno, si basava infatti sul presunto mancato obbligo per l’Italia di fornire il porto sicuro (Pos) alla nave della ong spagnola con 147 migranti a bordo, a cui venne negato lo sbarco per 19 giorno: nelle motivazioni i giudici hanno ritenuto che l’assenza dell’obbligo discendesse dalla poca chiarezza delle convenzioni internazionali in materia. La tesi però non è condivisa dalla Procura guidata da Maurizio De Lucia, che aveva chiesto la condanna a sei anni del leader leghista e ora – come anticipato dal Corriere della sera – ha deciso di rivolgersi direttamente ai giudici di legittimità, seguendo la strada già intrapresa con successo dai colleghi di Milano dopo le assoluzioni in primo grado (per una questione puramente formale) nel processo Ruby ter. Se il ricorso dovesse essere accolto, il processo sarà rinviato in Corte d’Appello per essere deciso sulla base del principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte.

Nell’atto di impugnazione, depositato giovedì 17 luglio, i pm palermitani scrivono che la sentenza è “manifestamente viziata per l’inosservanza di quella serie di norme integratrici, quali quelle sulla libertà personale e le Convenzioni sottoscritte dall’Italia per il soccorso in mare di cui il Tribunale avrebbe dovuto tenere conto nell’applicazione della legge penale”. Un elemento centrale su cui punta la Procura è la decisione delle Sezioni unite civili della Cassazione che a febbraio ha condannato il governo a risarcire uno dei migranti bloccati sulla nave della Guardia costiera Diciotti, l’estate precedente a quella del caso Open Arms. Infatti, come ha spiegato in un’intervista al fattoquotidiano.it il giurista Luca Masera, esperto di diritto dell’immigrazione, “si tratta esattamente della stessa storia: “Per la Cassazione le norme internazionali sul soccorso in mare imponevano al ministro di far sbarcare i naufraghi nel più breve tempo possibile, e quindi il suo rifiuto è stato un atto illegittimo“, ha spiegato.

Proprio su questo aspetto puntano i pm nel ricorso: l’ordinanza delle Sezioni unite, scrivono, ha “sostanzialmente affermato che il negato sbarco, lungi dall’essere giustificabile alla luce delle procedure previste in tema di search and rescue, non solo si pone in contrasto con la chiara normativa internazionale sul soccorso in mare (…) ma soprattutto viola l’articolo 13 della Costituzione“, in base al quale nessuno può essere privato della libertà personale se non nei casi previsti dalla legge. “Di conseguenza”, i migranti della Diciotti “subirono indubbiamente un’arbitraria privazione della libertà personale” e la decisione di merito che aveva negato il risarcimento, “che non si era confrontata con tali disposizioni di rango superiore, doveva ritenersi priva di una vera e propria motivazione“. Lo stesso vizio che secondo la Procura caratterizza la sentenza sul caso Open Arms.

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