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Pogacar comanda, ma il vero Tour inizia giovedì: Vingegaard e la Visma sapranno tendergli l’imboscata? La risposta sui Pirenei

Il punto dopo le prime 10 tappe della Grande Boucle 2025: le imprese di Van der Poel, la vittoria di Milan e la crono di Evenepoel. Ma da giovedì si fa sul serio e sarà corsa a due
Pogacar comanda, ma il vero Tour inizia giovedì: Vingegaard e la Visma sapranno tendergli l’imboscata? La risposta sui Pirenei
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Tadej Pogacar ha già chiuso il Tour de France? È questa la domanda che sorge spontanea dopo le prime 10 tappe della Grande Boucle. Sebbene il capitano della UAE Emirates abbia ceduto (volontariamente) la maglia gialla all’irlandese Ben Healy nella frazione di lunedì 14, il Tour sembra già nelle sue mani. Il rivale diretto Jonas Vingegaard è staccato di 1’17”. Il danese ha pagato la cronometro di Caen, in cui ha perso 1’05”. Vingegaard, però, a differenza del Giro del Delfinato, finora ha dimostrato di reggere gli scatti di Pogacar e lo sloveno non è ancora riuscito a togliersi da ruota lo storico rivale. Fatto inedito nell’ultimo anno e mezzo, in cui Pogacar ha quasi sempre staccato l’avversario, vedi il Tour 2024 o il Delfinato 2025.

Questo consente a Vingegaard di sperare. Il capitano della Visma è in condizione e sa come battere Pogacar. Potrebbe sferrare l’affondo nelle tappe di alta montagna, come accaduto nel 2022 e 2023. Ad oggi, però, è difficile immaginare che Pogacar possa essere seminato in salita o su qualsiasi altro terreno, considerato che nel 2025 solo Mathieu Van der Poel, tra Sanremo, Roubaix e Tour, e Mattias Skjelmose all’Amstel Gold Race, sono riusciti a batterlo in un testa a testa. Negli altri casi lo sloveno ha sempre vinto e Vingegaard ha fatto meglio di lui solo nella crono del Delfinato. Inoltre, Pogacar ha già vinto due tappe, tra cui la 100esima corsa in carriera a Rouen. L’impressione è che il bottino possa aumentare nei prossimi giorni, anche se finora è stato più guardingo del solito. Ha evitato azioni da lontano e si è limitato ad accelerare negli ultimi metri sia sul Mur de Bretagne sia a Puy de Sancy. È forse un segnale di debolezza?

Ad oggi non si direbbe, ma chissà che questo atteggiamento conservativo non possa favorire Vingegaard. Il danese non si è ancora mosso in prima persona, ma lo ha fatto tramite i compagni di squadra per costringere il rivale a chiudere. Le tattiche della Visma sono ormai famose e di recente hanno permesso a Simon Yates di vincere il Giro d’Italia. Potrebbe essere proprio un’imboscata a cogliere di sorpresa Pogacar, che però è sempre attento e reattivo in situazioni delicate. Il rischio è che si lasci prendere dalla voglia di inseguire tutti, come accaduto nella tappa del Col du Granon nel Tour 2022, e così facendo scopra il fianco. In questo senso il ritiro del numero 2 della UAE Joao Almeida è una grave perdita. Il portoghese avrebbe potuto fungere da stopper, ma senza di lui Pogacar sulle grandi salite potrebbe restare isolato.

L’impressione, però, è che solo un “miracolo” possa consentire a Vingegaard di ribaltare il Tour, mentre per gli altri appare impossibile. Remco Evenepoel oggi è il primo inseguitore di Pogacar grazie al successo nella crono, ma il belga non ha il cambio di ritmo dei due rivali ed è destinato a perdere terreno in montagna, così come Primoz Roglic, Florian Lipowitz e Oscar Onley. Per il quinto anno consecutivo si annuncia una sfida a due e il vero Tour inizia giovedì. L’arrivo in salita a Hautacam, dove nel 2022 Vingegaard mise il sigillo sul suo primo successo, è la prima di tre tappe cruciali. Venerdì 18 ci sarà la cronoscalata del Peyragudes, 8km al 7,9% che possono dare uno scossone alla classifica. Infine, sabato 19 è previsto il tappone con 4.950 metri di dislivello e arrivo in quota a Luchon-Superbagnères, dopo aver affrontato Tourmalet, Aspin e Peyresourde. Tre frazioni in cui Vingegaard tenterà di attaccare la leadership di Pogacar. Le sorprese sono sempre dietro l’angolo, come insegna il Giro d’Italia, ribaltato da Yates proprio nell’ultima tappa.

La prima settimana ha visto protagonisti anche Van der Poel, vincitore a Boulogne-sur-mer e vicino al bis per ben due volte, e l’Italia grazie a Jonathan Milan. Dopo sei anni e 113 tappe il velocista friulano ha spezzato il digiuno per i colori azzurri che durava dal 27 luglio 2019, quando Vincenzo Nibali si impose a Val Thorens. Milan, inoltre, ha ottenuto due secondi posti tra Châteauroux e Dunkerque. Risultati che gli consentono di essere in testa alla classifica a punti. L’Italia non vince la maglia verde dal 2010, quando ci riuscì Alessandro Petacchi. L’azzurro ha 64 punti di vantaggio su Pogacar e, più che gli altri velocisti, l’avversario più pericoloso è proprio lo sloveno, visto che può raccogliere molti punti in montagna.

Un uomo di classifica non vince la maglia verde dal 1995. L’ultimo è stato il francese Laurent Jalabert che chiuse quel Tour al quarto posto. Se Pogacar dovesse farcela compirebbe un’altra impresa, considerato che le tappe per velocisti mettono a disposizione più punti (50 contro solo 20 in montagna) e lui non fa né le volate di gruppo né gli sprint intermedi. La caccia alla maglia verde, ma soprattutto alla gialla, riparte domani da Tolosa, antipasto delle tre tappe sui Pirenei. Lì si delineeranno definitivamente le gerarchie. Non resta che mettersi comodi e godersi lo spettacolo.

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