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Le domus de janas sarde sono patrimonio Unesco. Come nasce la leggenda delle piccole fate

Delle vere e proprie “case dei morti”, realizzate da uomini e donne che pensavano non esistesse nessun tipo di interruzione tra la vita e la morte e ricchissime di immagini
Le domus de janas sarde sono patrimonio Unesco. Come nasce la leggenda delle piccole fate
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di Enza Plotino

Janas è il loro nome più comune, ma sono dette anche bajane e ajane, come a Ozieri, oppure fadas o virghines, come nel nuorese. Un patrimonio immenso della civiltà sarda prenuragica. Creature assai complesse e poliedriche, le janas sono donne nubili (bajane), vergini (virghines), riconducibili, nel nome jana, alla divinità greca Diana. La leggenda le racconta irraggiungibili, donne di piccolissime dimensioni, pelle chiarissima e inviolabili da mano umana (di sesso maschile), pena la perdita dell’immortalità.

Queste piccole fate hanno abitato in minuscole case scavate nella roccia, le domus de janas, quasi 3.500 “case delle fate”, in realtà tombe prenuragiche distribuite su tutto il territorio della Sardegna. Fra le migliaia scoperte, a oggi più di 200 conservano motivi decorativi scolpiti, incisi e dipinti al loro interno. Da spirali a teste di bovino, e persino corna taurine. Scavate in massi isolati o raggruppate in necropoli su costoni rocciosi, molte delle domus de Janas sono state realizzate a somiglianza delle case di persone viventi, con soffitti a doppio spiovente, focolari, colonne e false porte, che simboleggiavano il passaggio all’aldilà. Delle vere e proprie “case dei morti”, realizzate da uomini e donne che pensavano non esistesse nessun tipo di interruzione tra la vita e la morte e ricchissime di immagini simboliche che richiamano costantemente l’idea di rinascita e di forza.

Il dio Toro, così come le spirali o la “falsa porta”, elemento architettonico che ha il compito di simboleggiare il passaggio (e lo stretto rapporto) tra mondo dei vivi e aldilà. Anche i colori, in particolare il rosso (il colore del sangue), composto lavorando l’ocra con petali di papaveri e larve di conchiglia, risultano di grande importanza e testimoniano una rara maestria che ancora ci sorprende. Oggi, queste testimonianze di valore inestimabile della Sardegna prenuragica diventano Patrimonio dell’Umanità.

Il Comitato Unesco né ha decretato l’iscrizione nella Lista Mondiale. “Un traguardo storico”, ha detto la Presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde. Tra i siti riconosciuti Patrimonio dell’Umanità, la Necropoli di Sant’Andrea Priu, la Necropoli di Monte Siseri/S’Incantu, la Domus de janas della Roccia dell’Elefante, il Parco Archeologico di Pranu Mutteddu.

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