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Dazi, l’Ue prova a reagire. Irlanda e Germania le più colpite. Poi Italia e Francia

L'Italia ha un surplus commerciale di 37 miliardi di euro con i comparti agroalimentare e vitivinicolo tra i più esposti
Dazi, l’Ue prova a reagire. Irlanda e Germania le più colpite. Poi Italia e Francia
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L’Europa valuta la risposta da dare a Donald Trump dopo l’annuncio choc, arrivato sabato, di dazi Usa del 30% dal primo agosto su tutti i prodotti importati dall’Ue. Alle 15.30 inizia a Bruxelles la riunione degli ambasciatori permanenti dei 27, il Coreper, convocati d’urgenza. Tra le decisioni da prendere quella sulle possibili contromisure che potrebbero già scattare, in tutto o in parte, dall’inizio della settimana. Se si guardano solo i numeri, la posizione Ue non è così debole. È vero che esporta verso gli Usa più beni di quanti non ne importi (503 miliardi di euro contro 347, con un surplus di 156 miliardi), ma rimane il più grande mercato al mondo, anche per gli Usa. Le cifre, inoltre, si riavvicinano se si considerano pure i servizi. L’Ue paga agli Usa 427 miliardi, al contrario gli Stati Uniti comprano servizi dall’Europa per 318 miliardi. Un avanzo di 108 miliardi. Qui le ritorsioni europee possono fare più male.

Ma armonizzare le posizioni di 27 paesi i cui interessi non sempre convergono non è facile. Già nelle dichiarazioni “a caldo” di sabato sono emersi approcci diversi. Più concilianti Germania ed Italia, più combattive Francia e Spagna. Anche perché un ipotetico dazio generalizzato al 30% è destinato ad avere effetti differenti tra i vari stati. L’Irlanda, con tariffe che si applicano anche alla farmaceutica, è tra i paesi più esposti. Qui hanno sede molti dei colossi del settore, europei e non, come come Pfizer, Eli Lilly e Johnson & Johnson, potendo sfruttare i trattamenti fiscali garantiti da Dublino. Nell’isola si trovano pure i quartieri generali europei delle big tech Usa (Apple, Alphabet, Meta). Da sola, la piccola Irlanda, vanta un surplus nei confronti degli Usa di quasi 75 miliardi di euro.

In prima linea c’è anche la Germania con le sue produzioni di auto, siderurgia, chimica e macchinari, che negli Usa hanno un importante mercato di sbocco e vantano un avanzo commerciale di 73 miliardi di euro. Il cancelliere Friedrich Merz aveva citato esplicitamente come settori che Bruxelles avrebbe dovuto proteggere nel corso dei suoi negoziati con gli Usa l’automotive, la chimica, la farmaceutica, i macchinari e l’acciaio.

L’Italia e la Francia sono in seconda linea, con surplus commerciali verso gli Usa rispettivamente di 37 e 14 miliardi di euro. In entrambi i paesi saranno colpiti l’agroalimentare, i prodotti vitivinicoli e l’auto. In Francia sono anche esposti i settori dell’aeronautica – un quinto delle esportazioni verso gli Usa, il lusso, i vini e il cognac. Fra gli altri paesi europei, anche l’Austria e la Svezia hanno surplus commerciali, rispettivamente di 11 e 8,4 miliardi di euro.

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