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Ti ricordi… quando la Serie A faceva la spesa in Premier e il Lecce ci provò per Whiteside

Il retroscena sulla trattativa del 1985 tra il Lecce e il Manchester United, poi fallita per le richieste dell'attaccante: 500mila sterline, vitto, alloggio, cameriere e autista
Ti ricordi… quando la Serie A faceva la spesa in Premier e il Lecce ci provò per Whiteside
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“La Serie A fa spesa in Premier” che però all’epoca si chiamava First Division. Oggi un titolo del genere sarebbe quantomeno originale, sebbene a pochi giorni dall’apertura del mercato i club italiani abbiano già chiuso colpi di tutto rispetto in Inghilterra, vedi Sulemana all’Atalanta e ovviamente Kevin De Bruyne al Napoli. Quarant’anni fa però la situazione era molto diversa, e squadre neopromosse come Bari o Lecce si permettevano di prendere, o quantomeno di trattare, calciatori delle big inglesi, come Cowans e Rideout presi dai biancorossi, o come Norman Whiteside, a lungo inseguito dai leccesi.

Già, proprio quel Norman Whiteside, bambino prodigio e poi colonna del Manchester United. Nordirlandese di famiglia umile, con padre tifosissimo di George Best, esplode presto e a 17 anni esordisce già nei Red Devils e in nazionale, venendo convocato ai Mondiali di Spagna e diventando il più giovane calciatore nella storia della Coppa del Mondo.

Nella stagione successiva è titolare, segna tanti gol, uno anche in finale di Fa Cup, vincendola, e uno anche in finale di Coppa di Lega, ma stavolta non basterà e ad alzare la Coppa sarà il Liverpool. Il nome di quel giovane attaccante comincia a girare e nell’estate del 1983 è praticamente tutto fatto per il passaggio al Milan, con la società dello United che gli offre anche un ricco bonus per accettare la corte rossonera, ma nulla: Norman decide di rimanere all’Old Trafford.

Vince un’altra Fa Cup e una Coppa di Lega, segnando ancora in finale, convivendo però con tanti, troppi infortuni, ma diventando comunque una colonna dei Red Devils e anche della sua nazionale: coi suoi gol porta l’Irlanda del Nord anche ai Mondiali del 1986, impresa che non era riuscita neppure a Best, e in Messico, segnando anche all’esordio contro l’Algeria. Un anno prima il nuovo tentativo di portarlo in Italia, questa volta vorrebbe scommetterci l’ambizioso Lecce del presidente Jurlano e del direttore sportivo Mimmo Cataldo.

Aveva già preso Beto Barbas dal Saragozza ed era alla ricerca del secondo straniero: ci aveva provato addirittura per Jean Tigana e l’aveva realmente ingaggiato se il presidente del Bordeaux Baex non avesse deciso di quadruplicare le richieste all’ultimo minuto. E trattò anche Alemao, all’epoca al Botafogo, ma senza trovare l’accordo.

Fine intenditore, Cataldo, ci aveva provato pure per Francescoli, comprendendo che la seconda casella destinata all’epoca ai calciatori stranieri era meglio riempirla con gli attaccanti. L’accordo coi Red Devils si fa: 3 miliardi di lire, qualcosa in meno per i salentini, e i giornali cominciano già ad annusare il colpo di quell’attaccante, conosciuto anche per aver segnato alla Juventus nella semifinale di Coppa Uefa un anno prima.

Ma se la dirigenza del Manchester United è ben disposta a cedere un calciatore con evidenti e importanti problemi fisici, al netto dell’indiscusso valore, forse Norman non è altrettanto entusiasta all’idea di andare via dall’Old Trafford e infatti chiederà condizioni impossibili per chiudere con i giallorossi. Lo stesso Cataldo, infatti, spiegherà: “Costava tre miliardi, lui voleva 500mila sterline a stagione, più vitto, alloggio, cameriere e autista. Ah dimenticavo, anche il 10 per cento al suo procuratore”. Troppo per il Lecce che a quel punto virerà su Pedro Pasculli, che nei giorni precedenti aveva segnato quattro gol decisivi con la maglia della nazionale Argentina e che con quella del Lecce ne avrebbe fatti più di 60. Whiteside, invece, tormentato dagli infortuni, si sarebbe ritirato nel 1991, a soli ventisei anni.

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