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“La Rai obbliga alle ferie dipendenti e collaboratori che aderiscono a partiti o sostengono i referendum: discriminatorio”

Il tribunale di Busto Arsizio ha dichiarato 'discriminatoria' una circolare della Direzione generale di viale Mazzini che imponeva a dipendenti e collaboratori attivi in politica, compresi quelli che non vanno in video, di astenersi dal lavoro
“La Rai obbliga alle ferie dipendenti e collaboratori che aderiscono a partiti o sostengono i referendum: discriminatorio”
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È “discriminatorio” obbligare i dipendenti e collaboratori Rai che aderiscono a partiti, hanno accettato una candidatura, sono attivisti sindacali o fanno parte di comitati referendari a prendersi ferie o andare in aspettativa durante la campagna per i referendum dell’8 e 9 giugno. Lo ha stabilito la sezione lavoro del Tribunale di Busto Arsizio (Varese), bocciando una circolare della Direzione generale di viale Mazzini che ha imposto a un'”ampia cerchia” di lavoratori – tra gli altri cameraman, fonici, tecnici delle luci, costumisti, scenografi, direttori della fotografia – con quelle caratteristiche “un obbligo di astensione dal lavoro mediante la fruizione di ferie e di aspettativa non retribuita”. La sentenza conferma un decreto cautelare già emesso nei giorni scorsi su ricorso dell’Associazione nazionale lotta alle discriminazioni con il sostegno del Sindacato lavoratori della comunicazione della Cgil.

Secondo la giudice Franca Molinari la circolare disincentiva la partecipazione attiva alla vita sociale del Paese durante la campagna referendaria e politica e comprime diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione, nonché dalla Carta diritti fondamentali dell’Unione e dalla CEDU. “Nella circolare”, spiega Molinari, viene “correttamente richiamata l’attenzione di tutti i dipendenti e collaboratori sulla necessità” del rispetto “delle vigenti norme di legge in materia di propaganda e informazione elettorale”. Ma si va anche “ben oltre al suddetto dovuto richiamo”, imponendo un “divieto a qualunque prestazione audio video resa da lavoratori e collaboratori, anche se non richiedono neppure una loro messa in onda” e aggiungendo che i loro nomi non possono essere indicati “come responsabili, autori o collaboratori” delle trasmissioni”.

Un’imposizione che, estesa “a tutti i dipendenti e collaboratori, a prescindere dal fatto che essi abbiano una diretta esposizione in video o in audio oppure che siano impegnati in programmi di informazione, intrattenimento e di altra natura”, va “oltre il limite utile alla tutela della indipendenza e imparzialità del servizio pubblico”. Se è giustificata “l’imposizione all’interno dell’ambiente di lavoro di un obbligo di astensione da azioni o comportamenti che esprimano un oggettivo significato politico o anche la mera esternazione di simboli politici”, “non appare altrettanto utile e necessaria l’inibizione dell’attività lavorativa o l’imposizione di un oblio nei confronti di lavoratori o prestatori che in altri ambiti e contesti agiscono coerentemente con il loro legittimo pensiero”.

Dopo proteste delle opposizioni, con Avs che attacca – “La Rai si adegua alla linea dettata dalla destra e da Fratelli d’Italia di boicottare i referendum e addirittura va oltre impedendo ai suoi dipendenti di fare la campagna referendaria” – l’azienda fa sapere che “tali norme – nate per tutelare l’imparzialità e l’obiettività del servizio pubblico – erano già contenute nelle circolari del 2018, 2020 e 2022 su consultazioni elettorali e referendum” e “nessuno viene obbligato a collocarsi in ferie/permesso o a sospendere il contratto, non essendoci alcuna disposizione normativa che preveda detti obblighi”.

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