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Finali Nba, sorpresa: il tiro da tre non è così fondamentale. Che straordinario giocatore Holmgren

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Finali Nba, sorpresa: il tiro da tre non è così fondamentale. Che straordinario giocatore Holmgren
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Finali di Conferenze: nuove tendenze in NBA?

Divertente analizzare alcune tendenze emerse dalle squadre che si sono giocate le Finali di Conference quest’anno (Oklahoma City Thunder vs Minnesota T-Wolves e New York Knicks vs Indiana Pacers). Nessuna delle quattro squadre ha più di una stella di prima grandezza nel roster. Shai Gilgeous-Alexander dei Thunder, l’MVP della stagione, è attorniato da un secondo violino come Jalen Williams. Un all-around player in grande ascesa. Un All Star, ma di certo ancora non una superstar. Poi, una serie di giocatori funzionali, di alto livello, molto solidi, che si incastrano alla perfezione nelle dinamiche offensive e difensive della squadra. Stessa cosa per Minnesota, con Anthony Edwards, e per Indiana, con Haliburton. A New York, Jalen Brunson può invece contare su Karl-Anthony Towns (All-Star). E stop. Siamo sicuri che servano ancora i Big 3 (in stile Durant, Harden, Irving dei Nets o Durant, Booker, Bradley dei Suns) per vincere sul serio? Tra l’altro, nessun miglior giocatore delle squadre arrivate tra le prime quattro in questi playoff, fa del tiro da fuori la freccia più appuntita del proprio arco. A proposito di tiro da tre, nessuna delle quattro squadre che in stagione regolare ne ha tentati di più in media (Boston, Golden State, Chicago e Cleveland) è approdata alle Finali di Conference. Siamo sicuri che il perimetro sia ancora fondamentale per arrivare fino in fondo e vincere quando conta? Ai posteri l’ardua sentenza. Magari si tratta di trend isolati. Tuttavia, divertenti da constatare.

Il problema Julius Randle

Non sono mai state le cifre, il peggior difetto di Julius Randle. I punti a referto li mette senza problemi. La timidezza non è parola inclusa nel suo vocabolario. Attacca in avvicinamento, può prendersi la conclusione dal perimetro in palleggio o su ricezione di uno scarico dei compagni. Certo, a destra non ci va nemmeno se gli bruci la casa. Però, sa portare il proprio marcatore in post-basso per giocarselo di potenza, è un buon tiratore di liberi. Il problema qual è? È che Randle rimane un solista. Un giocatore di uno contro uno, che dà spesso l’impressione di essere estraneo al flusso di gioco della squadra. Che ferma la palla, che blocca il ritmo, che seleziona male i tiri. Ha spesso bisogno di attaccare in isolamento, quindi magari inizia a lavorare spalle a canestro, in modo statico, cercando di spingere con la schiena il proprio marcatore, fino a che non riesce a crearsi la conclusione. Se lo chiudono è virtualmente finita, anche perché Randle è passatore di livello medio-basso (3 assist di media contro OKC). Contro Oklahoma City, Randle si è spesso intestardito nel voler a tutti i costi palleggiare in traffico, infilandosi nelle trappole preparate dai giocatori di coach Daigneault (che lo invitavano matematicamente sulla destra e verso il centro area). Inoltre, perde davvero troppi palloni. Ora, non è perché i T-Wolves abbiano perso 4-1 contro i Thunder (che sono in Finale NBA). Ma questo modo di giocare, quando si alza il livello delle partite, diventa dannoso. Infine, c’è la difesa: avrebbe anche i mezzi per fare benino, ma a quanto pare non sempre la voglia. Il futuro di Minnesota non è qui.

Chet Holmgren: il “lusso” dei Thunder

Ecco un giocatore che, invece, in un sistema di gioco come quello dei Thunder fa la differenza in mille modi. Un’ala-forte con caratteristiche così uniche, da farne un lusso in numerose situazioni di gioco. Chet Holmgren ha un valore incalcolabile per i possibili futuri campioni NBA. Fisico e magrezza in stile Manute Bol (anche se Holmgren è molto più “basso” …), lo ricorda anche per un’apertura alare smisurata. Corre e si muove per il campo con la velocità di una guardia, mentre se riceve un passaggio sul perimetro è in grado di metterla da fuori con grande morbidezza. Contro i T-Wolves ha segnato quasi il 37% delle proprie conclusioni da tre. Che vuol dire? Vuol dire che il lungo che lo marca (spesso nella serie anche Gobert…) non può sostare sotto canestro, ma lo deve seguire con fatica sul perimetro, togliendo una presenza a protezione del ferro. Il campo è più largo ed è più facile penetrare. Oklahoma City può permettersi il lusso di schierarlo insieme a Isaiah Hartenstein, uno che se prova la conclusione da fuori gli si stacca un braccio, ma che è bravo a ricevere gli scarichi sotto canestro, dove può stare senza rischiare di intasare troppo l’area. Nello stesso tempo, la coppia di 4-5 in difesa garantisce centimetri, capacità di lettura nelle rotazioni e di mollare stoppate come se avessero le pale da mulino. Holgrem ha chiuso la serie contro i Thunder con 18 punti di media e 1,6 stoppate. Benedetto fu quel Draft del 2022. Giocatore vero.

That’s all Folks!
Alla prossima settimana.

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