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Fatture false, confermata la condanna a due anni per il “re degli outlet” Dagostino. Nel 2023 i Renzi vennero prosciolti

Il verdetto della Corte d’appello di Firenze aggiunge un altro tassello a una lunga vicenda giudiziaria che ha coinvolto i genitori dell'ex premier e ora leader di Italia Viva
Fatture false, confermata la condanna a due anni per il “re degli outlet” Dagostino. Nel 2023 i Renzi vennero prosciolti
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Due anni di condanna confermati per Luigi Dagostino, imprenditore pugliese noto alle cronache per essere stato il “re degli outlet” e, incidentalmente, anche ex socio d’affari di Tiziano Renzi, papà dell’ex premier. Il verdetto della Corte d’appello di Firenze aggiunge un altro tassello a una lunga vicenda giudiziaria, già macchiata da una condanna definitiva per emissione e uso di fatture false e riguarda oltre 5 milioni di euro emesse da società riconducibili a Dagostino (in foto). Il contesto è un intreccio societario che porta dritto al gruppo Kering e al celebre outlet “The Mall” di Reggello, in cui balenano fatture false che facevano appunto capo al Dagostino.

Al centro della storia, infatti, c’è la Tramor, società rilevata da Kering per gestire alcuni asset immobiliari tra cui proprio “The Mall”. Un’operazione su cui pesa, ancora oggi, l’ombra di un pagamento sospetto: quello di 140mila euro più Iva alla Eventi 6 Srl, società della famiglia Renzi, per uno studio sullo sviluppo commerciale dell’area food del centro commerciale. Studio che, alla prova dei fatti, era una relazione di quattro paginette con cinque tavole grafiche allegate.

Chi ordinò di pagare quella fattura? Una mail agli atti racconta molto: è datata 10 luglio 2015 e parte da Carmine Rotondaro, allora responsabile del Real Estate di Kering, diretta al tesoriere del gruppo Marco Vettori. Oggetto: pagamento “con estrema urgenza” alla Eventi 6. In allegato, lo “studio di fattibilità commerciale” e, in copia, la fattura n.202 spedita da Laura Bovoli, mamma dell’ex premier, il 7 luglio. In copia, pure il marito Tiziano. Il sospetto degli inquirenti è che quelle consulenze fossero fittizie: un modo elegante per far girare denaro senza vera controprestazione.

Lo pensava anche la Guardia di Finanza, che nel corso delle perquisizioni, non trovò né il contratto d’incarico né lo studio nella documentazione contabile della Tramor. A confermare il vuoto fu anche Remi Leonforte, ex capo dell’ufficio legale della divisione italiana di Kering, che in sede d’interrogatorio dichiarò di non aver mai visto quelle carte né di conoscere la Eventi 6, pur essendo già amministratore delegato di Tramor. Il reato classico da impresa, dunque: fatture false per prestazioni mai eseguite. E infatti Dagostino viene condannato anche per aver ingannato il nuovo amministratore della società sull’uso delle fatture farlocche.

Ma ecco il colpo di scena. Nel luglio 2023, la Cassazione proscioglie definitivamente i coniugi Renzi dall’accusa di aver emesso documentazione falsa. I giudici scrivono nero su bianco che, sebbene le fatture delle società Party e Eventi 6 “non corrispondano a prestazioni realmente effettuate”, la finalità era “extrafiscale”, ossia legata a motivazioni personali e non chiarite. Tradotto: le fatture erano farlocche, ma chi le ha emesse lo ha fatto per motivi che il processo non ha saputo spiegare. Quindi nessun dolo, e tutti assolti. Dagostino, invece, condannato: l’emittente no, il ricevente sì. Da questa storia, al netto degli equilibrismi giuridici, emergono almeno due certezze: la prima è che un’operazione commerciale milionaria ha prodotto pagamenti a vuoto. La seconda è che nessuno ha mai chiarito perché quei soldi finirono proprio lì, a Rignano sull’Arno. E chi li ha voluti davvero.

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