Verona, multa e Daspo per aver chiesto l’elemosina: Mattarella annulla il provvedimento della Polizia locale

Sulla base di una decisione del Consiglio di Stato, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha annullato un provvedimento della polizia municipale di Verona nei confronti di un povero che chiedeva l’elemosina in una strada della città, senza disturbare nessuno. Non solo era stato multato, ma gli era stato notificato un Daspo che lo cacciava, impedendogli di fare ritorno nel capoluogo scaligero. “Bisogna combattere la povertà, non infierire sui poveri. Non si può multare e dare un Daspo ad una persona che sta solo chiedendo l’elemosina senza dare fastidio a nessuno. Oggi è una bellissima giornata perché il Consiglio di Stato ha accolto il nostro ricorso straordinario al capo dello Stato”, è il commento di Antonio Mumolo, presidente dell’associazione Avvocato di strada, che si è fatta carico dell’istanza.
Il legale ricorda come la persona senza fissa dimora vivesse a Verona. Il fatto era accaduto il 21 settembre 2019, quando sindaco era Federico Sboarina, eletto come indipendente per il centrodestra e poi passato con Fratelli d’Italia. Il verbale di accertamento dei vigili urbani contestava la violazione dell’articolo 28 bis del Regolamento di polizia urbana che prevede il divieto di accattonaggio. Il Daspo era stato una conseguenza di quella contestazione, essendo previsto nei casi in cui una persona limiti l’accessibilità o la fruizione di uno dei luoghi pubblici indicati in un elenco. In questo caso, invece, il mendicante non dava fastidio a nessuno, “era fermo e seduto in maniera del tutto passiva”, non aveva atteggiamenti violenti e non intralciava alcun luogo.
Il Consiglio di Stato, interessato dal presidente della Repubblica a cui era stata rivolta l’istanza, ha rilevato che l’articolo 28 del regolamento comunale vieta in modo assoluto di chiedere l’elemosina, ma il reato di mendicità è stato dichiarato incostituzionale nel 1995. La mendicità è invece perseguibile se accompagnata da un comportamento molesto, che in questo caso non c’è stato. Il regolamento (che fu approvato nel 1990, con una giunta democristiana) non poteva essere applicato. “L’evidente tranquillità dell’uomo non aveva fermato la Polizia municipale”, spiega l’avvocato Mumolo, “che lo aveva costretto a lasciare immediatamente la città di Verona: il Daspo è un provvedimento molto grave, che andrebbe elevato solo contro chi rappresenta un serissimo pericolo per i cittadini, non certo contro una persona che chiede l’elemosina per mangiare”. L’associazione si è costituita con gli avvocati Fabio Iannacone e Piero Santantonio che hanno sostenuto come il “decoro urbano” e la “percezione della sicurezza” non possano diventare bandiere per la messa al bando da una comunità.
“Abbiamo deciso la strada del ricorso straordinario al capo dello Stato per mandare un segnale preciso: anche le amministrazioni comunali sono soggette alla legge ed il loro operato può essere controllato ed annullato anche dalla più alta carica dello Stato, il Presidente della Repubblica. Speriamo che questa ennesima sentenza sia da monito a tutte le amministrazioni locali, affinché il loro approccio nei confronti delle persone povere non sia punitivo, ma sia rispettoso dei diritti garantiti a tutti dalla nostra Costituzione”. Il Comune di Verona aveva contestato la legittimazione dell’associazione a fare ricorso: al contrario, il Consiglio di Stato ha riconosciuto che gli Avvocati di Strada hanno titolarità nella difesa delle persone senza fissa dimora.