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Il congresso del Pd in Sicilia finisce nel caos: gli anti-Schlein accusano il segretario di brogli e minacciano il boicottaggio

Secondo la corrente che fa capo a Bonaccini, il regolamento che esclude le primarie aperte è stato approvato in una seduta online a cui partecipavano alcuni account ritenuti fasulli
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Accuse reciproche, ultimatum, fughe sull’Aventino: nel Pd siciliano è ormai scontro aperto. Da un lato il segretario uscente, Anthony Barbagallo, dall’altro un gruppo variegato, composto in gran parte da deputati dem all’Ars, che venerdì mattina ha convocato una conferenza stampa minacciando di boicottare il congresso regionale in programma da 15 maggio al 1° giugno. Negli ultimi mesi gli animi si sono via via scaldati fino ad arrivare ad una rottura completa, che riflette la tensione al vertice del partito tra la segretaria Elly Schlein e il suo ex sfidante alle primarie, l’eurodeputato Stefano Bonaccini: Barbagallo infatti guida la mozione Schlein, mentre nel campo opposto si schierano i “bonacciniani” e gli esponenti dell’area che fa capo al deputato Matteo Orfini. La questione, quindi, promette di avere risvolti nazionali. Anche se un componente della “fronda”, il parlamentare europeo Giuseppe Lupo, assicura che “non è uno scontro sulla Schlein ma sulle regole“: “Chiunque usi questo argomento lo fa strumentalmente e lo respingiamo al mittente. Chiediamo semplicemente trasparenza e rispetto, ribadendo la nostra fiducia alla segretaria”. Sullo sfondo anche gli appetiti sulle liste per le prossime Politiche: chi avrà la meglio al congresso potrà puntare alle posizioni più eleggibili.
Tutto nasce dall’assemblea regionale Pd dello scorso 27 gennaio, quando è stato approvato un regolamento che esclude primarie aperte per l’elezione del segretario al congresso. Il leader siciliano, dunque, dovrebbe essere votato solo dagli iscritti. Secondo gli oppositori di Barbagallo, però, quel regolamento è stato approvato in una seduta online a cui partecipavano alcuni account dalle caratteristiche dubbie. “C’erano 206 persone collegate: 88 facevano parte dell’assemblea e avevano diritto di voto; 65 non erano componenti dell’assemblea e quindi non potevano votare e 52 si sono collegati con profili falsi e non identificabili, come “Merlo“, “Gatto nero” e “Utente zoom“”, hanno denunciato gli eletti Pd all’Ars. L’accusa è dunque molto pesante: “Non parteciperemo a un congresso frutto di forzature e brogli, il Pd non è una loggia massonica”, ha attaccato il deputato regionale Fabio Venezia, che potrebbe essere il prossimo sfidante di Barbagallo dopo il passo indietro (polemico) di Antonello Cracolici, presidente dell’Antimafia regionale, il 6 maggio scorso. Venezia ha lanciato un ultimatum: “Barbagallo ha il dovere di prendere l’elenco di coloro i quali hanno votato online il 27 gennaio e di pubblicarlo entro stasera sul sito regionale del Pd. Se lo farà, io domani mattina presenterò la mia candidatura per celebrare un congresso vero che volevamo aperto, in grado di parlare alla società, a fronte di coloro che puntano a un congresso solo per confermare un segretario responsabile di un fallimento acclarato”, ha incalzato. Dall’area Schlein, però, la ricostruzione è molto diversa: “Fino alla candidatura di Cracolici le regole congressuali erano condivise, dopo la rinuncia c’è stato un improvviso richiamo alle regole, che certamente anche noi vogliamo condivise, continuando a pensare che gli avversari siano altrove”, afferma Sergio Lima, siciliano componente della direzione nazionale del partito.
Lo scontro sulle primarie aperte, in realtà, è l’ultimo episodio di una faida che nasce da lontano. I seguaci di Bonaccini in Sicilia rimproverano a Barbagallo gli scarsi risultati ottenuti nelle ultime tornate elettorali, a partire dal flop delle primarie per le Regionali 2022 da cui è uscita vincente Caterina Chinnici, voluta da Barbagallo e poi passata tra le file di Forza Italia. Nell’elenco dei cattivi risultati il gruppo all’Ars mette anche quello delle Politiche, dove il Pd siciliano ha ottenuto il risultato più basso tra tutte le regioni italiane. E non è andata meglio alle Europee: i dem siculi per la prima volta hanno conquistato un solo scranno a Bruxelles, ottenuto da Lupo, nell’area che si contrappone a Barbagallo. Dietro lo scontro anche la polemica sulle “mance” per i Comuni fatte inserire nella legge di bilancio da tutti i deputati regionali siciliani, dem compresi: a denunciare la vicenda è stato proprio Barbagallo, infiammando lo scontro con il gruppo all’Ars. “Non capisco come mai Barbagallo continui a innescare le polemiche sulla Finanziaria. Il segretario è stato un deputato regionale, anche lui conosce gli emendamenti territoriali che si fanno in Parlamento e anche lui in passato ha portato qualcosa nella sua Pedara”, ha detto il deputato Michele Catanzaro.
“Per troppo tempo il Pd siciliano è stato tenuto in ostaggio da equilibri, logiche di autoconservazione, rendite di posizione. In questo tempo il Pd ha perso consenso, iscritti, capacità di essere corpo vivo riducendosi sempre di più in una roba incapace di vedere e costruire il futuro. Riconsegnare al Pd il suo ruolo è la necessità non più rinviabile. Perché alla Sicilia serve un partito con l’ambizione di essere credibilmente perno di un’alternativa possibile, non di avere qualche eletto in più”, afferma invece Sergio Lima. Uno scontro senza esclusione di colpi, in una regione che ancora una volta potrebbe essere laboratorio di scenari futuri.

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