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Pressing Usa per la tregua: “Vogliamo capire se Mosca e Kiev vogliono la pace”. Lavrov: “Ue e Zelensky ostacolano i piani di Trump”

Il portavoce di Putin, Peskov: "La visione di Trump coincide con la nostra". Orbàn contro i vertici dell'Unione europea: "Psicosi bellica"
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I raid della Russia delle ultime settimane, non ultimo quello di Kiev, avevano complicato le cose tanto che ieri perfino il presidente degli Stati Uniti Donald Trump in un messaggio sui social aveva espresso la sua impazienza nei confronti di Vladimir Putin: “Mi prendi in giro?”. Ora, almeno a parole, sembra tornare una schiarita all’orizzonte di eventuali trattative per una tregua in Ucraina. Dice Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, alla tv Rossiya 1: “La visione di Trump sulla situazione relativa al conflitto in Ucraina coincide in gran parte con la posizione della Russia”. “Ci sono molti elementi che coincidono davvero” aggiunge Peskov. “I lavori per risolvere la situazione continuano”, spiega, ma “non possono essere svolti in forma pubblica, ma solo in forma discreta”.

Se da una parte viene sottolineata una presunta comunanza con Washington, dall’altra il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov attacca gli europei e Zelensky, che “vogliono trasformare l’iniziativa di pace di Donald Trump in uno strumento per rafforzare l’Ucraina”. “Sapete cosa hanno detto Kaja Kallas e Mark Rutte sul cessate il fuoco e l’accordo? Hanno affermato senza mezzi termini di poter sostenere solo un’intesa che renderà l’Ucraina più forte, la farà vincere. Ma se questo è lo scopo del cessate il fuoco, non credo che sia ciò che vuole il presidente Trump. Questo è ciò che gli europei, con Zelensky, vogliono ottenere dall’iniziativa del presidente Trump”, ha dichiarato alla Cbs, come riporta la Tass.

Intanto dagli Stati Uniti il segretario di Stato Marco Rubio, parlando a Nbc, descrive i prossimi giorni come decisivi e alza la pressione su Mosca e Kiev: “Questa settimana – ha detto – cercheremo di determinare se tutte” la Russia e l’Ucraina “vogliono veramente la pace e quanto sono ancora vicine o lontane dopo circa 90 giorni di tentativi. Questo è quello che cercheremo di determinare questa settimana. E’ complicato, se fosse stata una guerra facile da far finire sarebbe stata finita da altri tempo fa ma al momento l’unico che può portare le due parti insieme per mettere fine alla guerra è Donald Trump“. Parole che arrivano all’indomani dell’incontro, storico e iconico, fra Trump e Zelensky avvenuto su due sedie in San Pietro, a pochi metri dal feretro del papa. Un faccia a faccia per il quale, ha detto l’ambasciatore ucraino in Vaticano, Andrii Yurash, “abbiamo avuto il grande sostegno dalla Santa Sede”, venuto “da tutte le persone”, senza poter indicare “una persona in particolare”.

Nel frattempo Zelenskyha continuato a tessere la sua tela diplomatica. In occasione dei funerali del Papa ha cercato la sponda dei partner, ma anche del Vaticano. Come dimostrano gli incontri con il segretario di Stato Pietro Parolin ed il presidente della Cei Matteo Zuppi, che in passato erano stati mandati da Papa Francesco in missione a Kiev e l’arcivescovo di Bologna anche a Mosca. Al termine dei quali Zelensky si è detto “grato per il sostegno al diritto all’autodifesa dell’Ucraina e anche al principio secondo cui le condizioni di pace non possono essere imposte al paese vittima. In seguito, l’ambasciatore ucraino, Andrii Yurash, ha fatto sapere che anche il faccia a faccia Zelensky-Trump ha “avuto il sostegno della Santa Sede: di tutti, non di una persona in particolare”.

Il dibattito rimane acceso anche in Europa. I vertici dell’Ue – con il commissario alla Difesa, lituano, Andrius Kubilius – tornano sul tema dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato, che sembrava tramontato: “La Russia chiede ‘niente Nato’ per l’Ucraina – scrive su X Kubilius -. Non perché tema un’offensiva Nato anti-russa dal territorio ucraino, ma perché teme che la Nato difenda l’Ucraina dalla prossima aggressione russa”. Impedire l’ingresso di Kiev nell’Alleanza “rende più facile” per Mosca “pianificare la sua prossima aggressione” aggiunge il commissario Ue. Il controcanto è quello del presidente ungherese Viktor Orbàn: “La psicosi bellica che attanaglia l’Europa deve finire – ribatte in un’intervista radio -. Senza l’America, l’Ucraina non ha alcuna possibilità, eppure Bruxelles si aggrappa a una strategia di guerra senza speranza. L’unica via d’uscita è la pace”.

Nel corso della notte tra sabato e domenica, intanto, l’esercito russo ha lanciato 149 droni verso l’Ucraina. Di questi 57 sono stati abbattuti mentre altri 67 “sono stati persi senza conseguenze negative”. A renderlo noto sono state le forze armate di Kiev che precisano che gli attacchi hanno interessato le regioni di Zhytomyr, Dnipro, Odessa, Donetsk, Sumy e Cherkasy. La città di Pavlograd, nella regione di Dnipropetrovsk, è stata attaccata per la terza notte consecutiva e – secondo quanto riportato dal governatore locale Sergei Lysak, – un civile è stato ucciso e una ragazza di 14 anni è rimasta ferita. Intanto la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha ringraziato la Corea del Nord per l’aiuto fornito nella liberazione della regione di Kursk dalla quale – secondo la Russia – sarebbero stati cacciati i soldati ucraini. “Non dimenticheremo mai i nostri amici”, ha affermato Zakharova.

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