Libertà di stampa: cifre e numeri sulla garanzia nel mondo di uno dei diritti fondamentali - 2/2
Nella dottrina dello Stato costituzionale, liberale e democratico, la Libertà di Stampa rappresenta una delle manifestazioni fondamentali delle Libertà individuali: oltre a consentire la libera espressione del pensiero e quindi il dibattito pubblico su qualsiasi argomento, permette anche ai cittadini di “controllare” l’operato del potere (E. Treccani). Papa Francesco, nella X Giornata mondiale del 2024 dedicata alla Libertà di stampa, ha affermato che “La Libertà di stampa è fondamentale per sviluppare un assennato senso critico e per imparare a distinguere la verità dalla menzogna e a lavorare in maniera non ideologica per la giustizia, la pace e il rispetto del Creato”.
L’Europa anche nel 2024, rispetto al 2023, nonostante qualche flessione o miglioramento, può definirsi il Continente campione della Libertà di stampa: i primi 15 Paesi nel mondo con Indice più alto sono tutti del vecchio continente; di contro, solo uno (Bielorussia, 167esimo posto in graduatoria) è europeo tra quelli con minore Libertà di stampa. Fra questi ultimi l’Asia vanta il record negativo con 11 Paesi su 15, seguita dall’Africa con 2, dei quali l’Eritrea occupa l’ultimo posto (Tab. 1).

Analizzando l’Unione europea (Graf. 1), emerge che essa, sia nel suo complesso che relativamente ai suoi membri, si caratterizza come un’area a larga diffusione di Libertà di stampa, dove in media l’Indice si attesta nel 2024 al 79,77; 12 Paesi su 27 sono sopra la media e nessuno scende sotto il 50. Tuttavia, esiste un margine di miglioramento per Paesi latini (solo il Portogallo si attesta tra i top), e quelli ex comunisti (solo i Baltici e la Repubblica Ceca nel gruppo dei migliori), rispetto a chi guida la classifica: tra il primo (Danimarca) e l’ultimo (Grecia), il gap è di 32,5 punti.

Tra il 2020 e il 2024 (Tab. 2), l’Indice è diminuito: il range tra il primo e l’ultimo è passato da 92,07 (Finlandia) e 69,16 (Ungheria) a 89,6 (Danimarca) e 57,15 (Grecia). Anche se la media tra i 2 anni è variata poco (-0,45), si è ampliato il gap tra Paesi, con l’aggravante che quelli che si trovavano ai livelli più bassi per Libertà di stampa hanno registrato le maggiori variazioni negative (Cipro, Grecia, Malta, Ungheria), mentre, in totale, solo 5 Paesi su 27 hanno migliorato il proprio Indice. Anche l’Italia è peggiorata sensibilmente (-6,51).

Come rilevato, tuttavia, l’Ue è un’oasi felice (Tab. 3): se distribuissimo i 180 Paesi considerati in 3 fasce di 60 Stati ciascuna, denominandole ad alta, media e bassa Libertà di stampa, l’81% dei membri Ue nel 2020 e l’85% nel 2024, si collocherebbe nella prima e il restante nella seconda.

L’Indice di libertà di Stampa è il risultato della media aritmetica di 5 Indicatori.

Per i Paesi Ue (Tab. 4), quelli denominati Sicurezza e Contesto giuridico sono quelli a minore variabilità (tra 85,08 e 96,83 il primo tra 60,10 e 90,16 il secondo). Pertanto, sono i meno influenti nella composizione dell’Indice finale. Dei restanti, quello di Contesto economico che oscilla tra 37,61 e 85,50 e quello di Contesto politico, che varia tra 38,55 e 94,11 sono i due Indicatori che maggiormente determinano l’Indice di libertà.

Ungheria, Malta e Grecia sono sotto il valore 50 per quel che riguarda l’Indicatore politico e questi stessi, oltre Cipro, Bulgaria, Romania, Croazia e Slovenia per quel che concerne l’Indicatore economico. L’Italia, pur non trovandosi allo stesso livello di tali Paesi, ha una dipendenza molto elevata sia dal Contesto economico (52,75 appena sopra il limite=50), che dal Contesto politico (64,44).
Rispetto all’Indicatore di Contesto politico del Graf. 2, l’Italia è al 19esimo posto.

L’Indice della Libertà di stampa (Graf. 3), tra il 2015 e il 2024, dopo l’apice tra il 2018 e il 2021 (tra 75,02 e 76,61), è calato sotto 70.

Il miglioramento del nostro Paese (Graf. 4), passato dalla 73esima posizione (2015) alla 46esima (2024), è stato frutto più del trend negativo mondiale che di propri meriti, viste le sue peggiorate condizioni nella Ue.

Rimane, peraltro, grave (Tab. 5) che negli ultimi 3 anni al miglioramento di 15,38 p. dell’Indicatore di Sicurezza e di quello di Contesto economico (+5,23), corrisponda una diminuzione degli altri 3 e, in particolare, del Contesto socio-culturale (-10,02).

Il mestiere di giornalista può essere anche pericoloso: in 15 anni sono morti oltre 700 giornalisti, con un picco di 111 nel 2015 (Tab. 6).

Nel 2023 ai 45 morti, se ne devono sommare 521 in prigione, 54 sequestrati e 84 di cui non si sa più nulla (Tab. 7).

Quelli uccisi (Tab. 8) si concentrano nel Continente meno libertario, l’Asia.

Anche quelli detenuti (Tab. 9) sono per la maggior parte in Asia e, in particolare, in Cina (124) e Myanmar (68).

Coautore Mariano Ferrazzano