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Chi era Graziano Mesina, la vita al limite del bandito sardo tra rapimenti e decine di evasioni

Le latitanze, i sequestri, la grazia e una (breve) carriera da guida turistica: il ritratto dell'esponente del banditismo sardo morto a Milano
Chi era Graziano Mesina, la vita al limite del bandito sardo tra rapimenti e decine di evasioni
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Ventidue tentativi di evasione di cui dieci riusciti. E poi traffico di droga e, soprattutto, sequestri di persona. Graziano Mesina, primula rossa del banditismo sardo, è morto all’ospedale San Paolo di Milano, dove era ricoverato da venerdì 11 aprile. Proprio ieri il tribunale di sorveglianza milanese aveva accolto l’istanza di differimento pena per motivi di salute presentata dalle avvocate Beatrice Goddi e Maria Luisa Vernier: Mesina, ormai 83enne, aveva una patologia oncologica ormai in fase terminale.

Conosciuto come Gratzianeddu, Mesina è stato una figura emblematica del banditismo sardo del secondo dopoguerra. Nato a conflitto ancora in corso, il 4 aprile 1942, nelle colline di Orgosolo, nell’entroterra del Nuorese, viene arrestato per la prima volta da giovanissimo, nel 1956 all’età di 14 anni, per porto abusivo d’armi: Mesina viene trovato in possesso di un fucile calibro 16 rubato.

Da lì in avanti la sua vita è un susseguirsi di arresti, latitanze e tentativi di evasione (di cui alcuni andati a segno). Solo quattro anni dopo, er esempio, viene di nuovo arrestato per aver sparato in luogo pubblico: portato in caserma, riesce ad evadere dopo aver forzato la porta della camera di sicurezza e diventa così latitante per un breve periodo fino a quando, convinto dalla famiglia, si costituisce.

Sono soprattutto le sue numerose evasioni da carceri di massima sicurezza, ben 22 tentativi di cui 10 riusciti, a renderlo “famoso”. Ma non solo. La sua carriera criminale va ben oltre le fughe spettacolari, includendo traffico di droga e, soprattutto, sequestri di persona, spesso in collaborazione con l’”anonima sequestri”. Nel 1992, durante il sequestro del piccolo Farouk Kassam, Mesina interviene come mediatore, approfittando di un permesso carcerario. Tentò di trattare con il gruppo di banditi sardi responsabili del rapimento del bambino, avvenuto il 15 gennaio a Porto Cervo e conclusosi con la liberazione del minore nel mese di luglio.

Nonostante una condanna all’ergastolo, Mesina chiede e riceve la grazia: nel 2004, dopo aver trascorso circa 40 anni in carcere, gliela concede l’allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, su proposta del ministro della Giustizia Roberto Castelli. Tornato dal carcere di Voghera, dove era detenuto, a Orgosolo da uomo libero, Mesina intraprende una carriera da guida turistica. Nel 2013 però la libertà finisce: la primula rossa viene arrestata per traffico internazionale di stupefacenti. Secondo gli inquirenti però sta anche progettando un sequestro di persona. Nel 2016 Mesina riceve una nuova condanna: 30 anni di reclusione che portano alla revoca del provvedimento di grazia. Nel 2020, in seguito alla conferma della condanna, Mesina si dà alla fuga e viene inserito nella lista dei latitanti di massima pericolosità: trovato nel 2021, durante un’azione coordinata del Ros e del Gis dei carabinieri, viene trovato a Desulo e incarcerato nel penitenziario di Badu ‘e Carros per poi essere trasferito nel carcere di Opera nel 2022, dove resterà fino alla morte.

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