Altra giornata di passione sui mercati, in balia di annunci di escalation della guerra commerciale scatenata da Donald Trump. Fino a quando, a sera, le minacce rientrano e rimane solo una seduta di perdite per i listini europei. Nella mattinata italiana il presidente Usa, in risposta alla sovrattassa sull’esportazione di elettricità negli Stati Uniti imposta dall’Ontario, aveva annunciato a partire da domani il raddoppio dal 25 al 50% della tariffa su tutto l‘acciaio e l’alluminio in arrivo negli Stati Uniti dal Canada. Già scattata, a differenza di quelle sulle auto che sono state introdotte e poi sospese. Poi l’avvertimento che “l’unica cosa sensata” per il Canada è diventare il “51esimo Stato americano” e la minaccia: “Se non eliminerà le sue tariffe contro di noi aumenterò sostanzialmente, il 2 aprile, i dazi sulle auto in arrivo negli Stati Uniti, il che, essenzialmente, farà chiudere definitivamente il settore di produzione automobilistica in Canada”. Ma, appunto, a sera entrambe le parti hanno fatto un passo indietro: il premier dell’Ontario ha annunciato la sospensione dei suoi dazi e il tycoon a quel punto si è detto pronto a “riconsiderare” la risposta Usa. In serata, puntuale, è arrivato l’annullamento del raddoppio.
I timori di recessione Usa – Resta la minaccia dei dazi sull’auto dal 2 aprile: un formidabile boomerang per i gruppi automobilistici statunitensi, le cui catene di fornitura attraversano i confini di Usa, Messico e Canada. Non a caso i titoli automotive in Borsa hanno subito risentito degli annunci. Più in generale, in questi giorni sono cresciuti i timori per gli effetti delle politiche del tycoon sull’economia Usa, con sempre più analisti che si attendono una recessione. Compresa la Fed di Atlanta, che nel primo trimestre prevede un pil in calo del 2,4% (vedi grafico sotto) – sarebbe la performance peggiore dall’era del Covid – causa esplosione delle importazioni in vista dell’entrata in vigore delle tariffe potenziate. L’entrata in vigore lunedì di quelle cinesi su alcuni prodotti agricoli e alimentari americani e la decisione dell’Ontario di rincarare l’elettricità venduta ai confinanti Stati di New York, Minnesota e Michigan (minacciando anche una interruzione delle forniture) già ieri avevano alimentato il timore di una guerra commerciale a tutto campo. Che vedrebbe anche l’economia americana pagare un altissimo prezzo, a prescindere dai tagli dei tassi di interesse da parte della Fed. Lo stesso presidente americano ha del resto ammesso che si attende un “periodo di transizione” e di assestamento per l’economia, anche se oggi ha precisato che “non vede affatto una recessione”.
Boomerang sui gruppi Usa dell’auto – Del resto a pagare il prezzo delle tariffe che salvo sorprese scatteranno il 2 aprile saranno soprattutto le case automobilistiche americane e quelle giapponesi che hanno impianti in Canada. Il Canada, così come il Messico, è parte integrante della produzione automobilistica nordamericana fin dagli inizi del 1900. I rapporti con i costruttori americani si sono rafforzati negli anni, tanto che Ottawa durante la grande recessione del 2008 ha contribuito alla task force che ha accompagnato e fatto emergere dalla bancarotta General Motors e Chrysler. Nel 1904 Ford ha aperto Ford Motor of Canada in Ontario a Windsor, la città separata solo da un fiume da Detroit, la capitale dell’auto americana. Anche Chrysler scelse Windsor come sua base canadese. Ford ha impianti di assemblaggio e di motori in Canada, ed è quindi esposta ai dazi di Trump. Il suo amministratore delegato Jim Farley ha detto il mese scorso che le tariffe sarebbero state “devastanti” per le case automobilistiche americane. General Motors ha nel Paese centri ricerca, di distribuzione di componenti e di assemblaggio. Stellantis in Canada ha oltre 8.800 dipendenti e tre impianti manifatturieri a Windsor, Brampton e Etobicoke.
Il premier dell’Ontario: “Non faremo marcia indietro” – Il premier dell’Ontario Doug Ford ha sventato perlomeno il raddoppio dei dazi su acciaio e alluminio annunciando che sospenderà la sovrattassa sull’esportazione di elettricità negli Stati Uniti. La decisione è stata presa dopo una telefonata con segretario americano del Commercio Howard Lutnick. “Sono abbastanza fiducioso che si tirerà indietro”, ha detto Ford a proposito della minaccia di dazi su acciaio e alluminio da parte di Trump. “Non ci limiteremo a cedere. Quello che faremo è avere una conversazione costruttiva“, ha aggiunto. Lui stesso poche ore prima aveva giurato: “L’Ontario e il Canada non faranno marcia indietro fino a quando i dazi del presidente Trump non saranno spariti per sempre”. Domenica Mark Carney, l’ex governatore della Banca del Canada e della Banca di Inghilterra che sta per diventare premier dopo le dimissioni di Justin Trudeau e la nomina a leader del partito di maggioranza, ha detto che “la posta in gioco è alta. Abbiamo fatto di questo Paese il più grande al mondo e ora il nostro vicino ci vuole“. Ma “Non accadrà. E’ impossibile”. E ha paragonato le frasi di Trump sul Canada “51esimo Stato Usa” ai modi di Voldemort, il cattivo di Harry Porter.
Il 2 aprile in arrivo i dazi contro Ue e Italia – Il 2 aprile sono attesi anche i dazi nei confronti della Ue – Italia compresa – rea di un eccesso di surplus commerciale nei confronti degli Usa, di applicare web tax nazionali che colpiscono le multinazionali Usa e pure di applicare l’Iva. il commissario Ue al Commercio Maros Sefcovic lunedì ha ufficializzato che “l’amministrazione statunitense non sembra voler impegnarsi per raggiungere un accordo” per evitarlo. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha detto di aver inviato una delegazione a Washington “per parlare con i responsabili americani della situazione dazi, in sintonia con la Commissione Ue che ha la competenza esclusiva sugli accordi commerciali”. Il 21 marzo, ha anticipato, sarà presentato “un piano del Ministero degli Esteri e del commercio internazionale per spiegare cosa possiamo fare per proteggere i nostri prodotti, presenteremo alle imprese italiane una strategia per proteggerle in caso di incremento dei dazi, puntando anche sull’esplorazione di nuovi mercati e su altri percorsi”. Quali? “Certamente una grande opportunità lo rappresenterà la via del cotone, quel percorso commerciale ideale che lega l’India a Israele, ai paesi del Golfo, e dai paesi del Golfo verso l’Italia. Ma ci sono tanti altri mercati, penso al Messico, al Vietnam e all’Indonesia, ai paesi del Golfo, alla Turchia. Insomma ci sono tantissimi paesi nel mondo dove possono incrementarsi le nostre esportazioni”.