Donald Trump fa una repentina marcia indietro sui dazi scattati solo martedì nei confronti di Canada e Messico. Ma conferma quelli sulle importazioni dall’Unione europea, Italia compresa: saranno operativi dal 2 aprile. Il segretario al Commercio americano Howard Lutnick, in un colloquio con i giornalisti a cui hanno partecipato Repubblica, Corriere e Stampa, spiega che Roma non si salverà grazie ai buoni rapporti tra Giorgia Meloni e il presidente Usa.
Dopo la pessima reazione dei mercati, causata di timori per le conseguenze della guerra commerciale sui conti delle case automobilistiche, la Casa Bianca ha annunciato mercoledì un mese di esenzioni nei confronti dei veicoli importati dai due Paesi confinanti. Decisione propiziata da precedenti colloqui con Ford, Gm e la stessa Stellantis, le cui catene produttive superano i confini nazionali. Più tardi lo stesso Trump, in una retromarcia imbarazzante, ha annunciato slittamento di un mese per l’introduzione di dazi su tutti i prodotti inseriti nell’accordo di libero scambio Usa-Messico-Canada.
La Ue invece resta nel mirino. “Se volete evitare o abbassare i dazi, potrete semplicemente cancellare o abbassare quelli che imponete a noi”, spiega Lutnick esponendo ancora una volta la strategia della reciprocità messa in campo da Trump, che però considera “dazio” anche l’Iva e utilizza la minaccia delle barriere commerciali anche come ritorsione contro le regole fiscali e operative in vigore nei Paesi Ue nei confronti delle multinazionali tech. “Se avete una tariffa su di noi, dovremmo avere una tariffa su di voi. Si tratta solo di equilibrio. Quindi i dazi scatteranno a partire dal 2 aprile”, ribattezzato “Giornata dei Dazi Reciproci”. “Quello che seguiamo è un approccio olistico, che tenga in considerazione tutti i balzelli, dall’Iva, ai costi delle regolamentazioni, alle tasse sul digitale, oltre che i dazi in sé”, conferma il segretario al commercio.
L’altra opzione è “evitare le tariffe costruendo in America. Questo è il punto: produci negli Usa e non paghi le tariffe. Per questo vedrete così tante aziende venire in America, e costruire qui, perché così eviteranno di pagare i dazi”. Con quel che ne consegue per i posti di lavoro nel Vecchio continente, come Lutnick stesso riconosce tra le righe: “Daranno lavoro ai nostri cittadini e questa è la chiave per la politica America first. Prendersi cura dei lavoratori americani e trattare i nostri partner commerciali in modo equo”.
Il prevedibile aumento dei prezzi per i consumatori americani non basta per far cambiare idea all’amministrazione perché, dice Lutnick, “quello che genera l’inflazione non sono i dazi, ma stampare moneta. Se smetteremo di farlo i prezzi scenderanno, e con loro i tassi d’interesse”. In più le tariffe sono viste come uno strumento per finanziare lo Stato, sostituendo le tasse domestiche raccolte dal fisco dell’Internal Revenue Service.