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Tiktoker napoletano ricercato dopo un blitz antidroga: posta video da un resort in Spagna. Con la riforma Nordio sapeva di rischiare l’arresto

Per Antonio "Papusciello" Gemignani era pronto l’obbligo di firma. Grazie all'interrogatorio di garanzia, come previsto dalla nuova legge, sapeva che il pm aveva chiesto il carcere
Tiktoker napoletano ricercato dopo un blitz antidroga: posta video da un resort in Spagna. Con la riforma Nordio sapeva di rischiare l’arresto
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Sono stati utilizzati 200 carabinieri per eseguire le 51 misure cautelari – 15 arresti in carcere, 17 arresti domiciliari, 19 obblighi di firma – che hanno sgominato un enorme giro di droga e 15 piazze di spaccio tra il Napoletano e il Salernitano. Ma nonostante l’enorme dispendio di forze dell’ordine, la riforma Nordio che ha introdotto l’interrogatorio preventivo anche per questo tipo di reati è forse una delle cause dell’irreperibilità di alcuni indagati.

Gli interrogatori si sono svolti a fine gennaio. E quando i militari del gruppo carabinieri di Torre Annunziata si sono messi al lavoro, tre avevano già fatto perdere le loro tracce. Uno di loro è Antonio Gemignani, un tiktoker molto noto con lo pseudonimo Papusciello. Lo stesso con cui partecipa a qualche trasmissione in tv locali, lo stesso con cui è indicato sull’ordinanza firmata dal giudice per le indagini di Torre Annunziata Luisa Crasta. Per Papusciello era pronto l’obbligo di firma (l’indagato con l’interrogatorio preventivo sapeva che il pubblico ministero aveva chiesto il carcere) ma il tiktoker sta facendo una vacanza in Spagna e sta postando video che lo ritraggono in un bell’albergo. Non è l’unico: anche un altro degli indagati è all’estero, mentre un terzo è ricercato.

Le 353 pagine dell’ordinanza cautelare raccontano il mondo della compravendita della droga che arrivava attraverso corrieri provenienti da Napoli e Roma, e poi smerciata attraverso spacciatori sui territori. Il procuratore di Torre Annunziata Nunzio Fragliasso ha quantificato il giro d’affari in circa 8 milioni di euro: mezzo milione in contanti è stato sequestrato durante le indagini. Le intercettazioni telefoniche e ambientali hanno consentito di ascoltare gli indagati organizzare il commercio con i soliti trucchi del mestiere: cellulari ‘citofono’, dedicati, intestati a prestanome, colloqui brevi e ridotti al comunicare ‘dove e quando’, droga trasportata in scomparti segreti delle auto, anziani e incensurati che mettevano a disposizione le loro case per occultarla, l’uso di bambini e neonati per eludere i controlli: i carabinieri hanno filmato una donna che spacciava col un neonato in braccio.

Tra gli indagati c’è anche un prete. Non c’entra niente con i traffici di droga ed è accusato solo di falso. È un sacerdote di una chiesa di Torre Annunziata ed avrebbe ‘coperto’ la messa alla prova di un indagato, attestando che aveva svolto correttamente le attività di volontariato in parrocchia previste nel programma di recupero stabilito con l’ufficio esecuzioni penali, due giorni a settimana, due ore al giorno. “È stato preciso e puntuale”, ha dichiarato il prete. Invece l’indagato andava solo a firmare e poi scompariva, “tanto è vero che in alcune delle fasce orarie indicate nei fogli di presenza, come emerge dalle attività di indagine (conversazioni, GPS, profilo fb della moglie da cui si evince che a luglio erano in vacanza nelle Marche e non a Torre Annunziata), era serenamente altrove”. Il pm voleva la misura cautelare dell’obbligo di firma anche per il sacerdote, ma il gip ha rigettato la richiesta.

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