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Intelligence, Mantovano: “Caso Paragon? Tutto quello che si poteva è stato detto”. Il capo del Dis Rizzi: “Ci muoviamo nella legalità”

La relazione dei servizi al Parlamento: "La Russia guadagna sempre più territorio"
Intelligence, Mantovano: “Caso Paragon? Tutto quello che si poteva è stato detto”. Il capo del Dis Rizzi: “Ci muoviamo nella legalità”
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Tutto quello che si poteva dire è stato detto. Qualsiasi cosa venga aggiunta in pubblico danneggerebbe l’attività di intelligence e le indagini”. Lo ha detto Alfredo Mantovano, Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, parlando del caso Paragon alla presentazione della relazione annuale dell’intelligence al Parlamento. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio rivendica il rifiuto del governo di rispondere alle interrogazioni parlamentari sul software in dotazione ai servizi, che ha spiato giornalisti e attivisti: “Il silenzio non è tutto uguale”, dice, “c’è un silenzio che è omertà, c’è un silenzio che ignavia, ma c’è un silenzio che è funzionale a proteggere l’operosità. E questo è il silenzio dell’intelligence. È il principale strumento operativo con cui i servizi riescono a conseguire risultati spesso al limite dell’impossibile”. E i parlamentari che protestano, taglia corto, “non tengono in adeguata considerazione che l’interlocuzione su questa materia avviene per legge col Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica”, il Copasir. “Il Comitato parlamentare fornisce le garanzie istituzionali per rendere possibile l’interlocuzione. Quindi, per quanto attiene ai servizi, esso è il Parlamento. Non è il luogo nel quale il governo si nasconde”, sottolinea. “Viviamo in uno snodo della Storia che richiede uno spirito nazionale che non vuol dire non criticare aspramente il governo, ma comprendere che una non sufficiente accortezza danneggia non solo il governo ma la sicurezza della nazione”.

Sul tema è intervenuto anche Vittorio Rizzi, nuovo direttore del Dis, il dipartimento di palazzo Chigi che coordina i servizi interni ed esteri: “Voglio garantire e testimoniare che la comunità dell’intelligence si muove all’interno del perimetro di legalità rappresentato dalla Costituzione e dalla legge”, ha assicurato “a nome di Nicola Calipari“, l’agente ucciso esattamente vent’anni fa in Iraq, “e delle donne e uomini che servono ogni giorno questo paese per garantire gli interessi dell’Italia”. Rizzi ha parlato anche dell’esposto presentato dal Dis a Perugia contro il procuratore di Roma Francesco Lo Voi, accusato di aver depositato un documento riservato agli atti di un procedimento a carico di due giornalisti: “Non è una questione personale, io per legge sono chiamato ad esercitare vigilanza in tema di classificazione di documenti. Mi sono trovato di fronte ad una compromissione di questi atti classificati come riservati, che contenevano le generalità di dipendenti ed attività operative in corso. È una violazione dell’articolo 42 della legge 124. Il Dis non denuncia il procuratore Francesco Lo Voi, ma la compromissione di un documento. Abbiamo esposto i fatti alla Procura che valuterà se sussistono tutte le condizioni per accertare che è un reato”, afferma Rizzi.

Nella relazione al Parlamento, lunga 76 pagine, il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica (la struttura che riunisce tutte le articolazioni dei servizi) analizza lo scenario internazionale e i conflitti in corso, in particolare quello tra Russia e Ucraina. Al terzo anno di guerra, si legge, le forze russe “hanno assunto l’iniziativa in quasi tutti i settori del fronte, concretizzando progressivi guadagni territoriali sempre più ampli” e conquistando “sei volte più territorio nel 2024” rispetto al 2023. Per raggiungere questo risultato, sottolinea il documento, la Russia ha subito “perdite altissime, calcolate – lo scorso autunno – a un rateo di oltre un migliaio di uomini, morti o feriti, al giorno”. Le difficoltà dell’esercito ucraino, invece, sono dovute all'”incapacità di reclutare e addestrare un numero di truppe sufficienti”, alle “gravi carenze nel munizionamento di artiglieria e di difesa aerea” e alla “debolezza delle linee difensive nel Donbass”.

Nel corso del 2024, si legge ancora, nel mondo si sono combatuti 56 conflitti armati, “il maggior numero dalla fine della seconda guerra mondiale”. Si tratta, secondo l’intelligence, di “uno degli indici del deterioramento complessivo del quadro securitario, un’instabilità a cui si intrecciano l’incertezza sui futuri equilibri in diverse aree del mondo – compreso il Mediterraneo allargato – e l’accentuata competizione nei rapporti tra attori globali. È in tale scenario di crescente complessità che si innesta l’attività di informazione per la sicurezza, a tutela degli interessi nazionali”, scrivono gli analisti dei servizi. In particolare, affermano, “il terrorismo jihadista ha tratto nuova linfa dallo scoppio del conflitto tra Israele e Hamas e dall’effetto domino che ne è derivato: tramite una propaganda costruita ad arte, al Qaida e Daesh hanno sfruttato la crisi mediorientale per ispirare soprattutto i giovani – in alcuni casi persino in età adolescenziale – già presenti in territorio europeo e spesso privi di legami diretti con le organizzazioni jihadiste, a compiere attacchi. In quest’ottica deve essere letto l’aumento del numero di attentati compiuti in Europa nel 2024, raddoppiati rispetto al 2023″.

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