Il video di Trump su Gaza dovrebbe far riflettere su due temi fondamentali
di Marco Marangio
Oltre 42 milioni di visualizzazioni e solo nelle prime 24 ore dalla pubblicazione. Questo il dato più evidente per il video generato da AI più visto di sempre.
Il “Trump Gaza”, così è stato “battezzato” dalla rete, ha avuto la benedizione su Truth direttamente dal protagonista stesso. Condividendolo sul suo social, il Donald, in modo non proprio implicito ha affermato che sì, la Gaza che verrà la immagina proprio così. Una Gaza etnicamente “ripulita”, fiera e prospera grazie al lusso e al gioco d’azzardo, popolata per lo più da chi il mondo già lo controlla.
Eppure il caso mediatico sorto attorno a questo video dovrebbe farci riflettere su almeno un paio di temi da non sottovalutare. Il primo: non si dovrebbe utilizzare uno degli strumenti potenzialmente più potenti in questo modo. Dico “potenzialmente” perché l’AI, in quanto strumento, risponde sempre al comando di chi opera. Almeno per ora. Utilizzare l’intelligenza artificiale per elaborare contenuti fini a se stessi, solo per il gusto di farlo e senza tener conto se ciò possa arrecare danno, è il peggior modo di utilizzare un ottimo strumento che, sempre in potenza, può migliorare il nostro lavoro e non solo. Sia chiaro: questa non vuole essere un’apologia sull’AI, ma è innegabile che alcuni utenti la utilizzino nello stesso modo in cui si utilizzavano le calcolatrici scientifiche alle elementari: per scrivere parole inutili utilizzando i numeri.
Il secondo tema: quello comunicativo. Tanta è stata la eco mediatica generata dai social sul “Trump Gaza” che ha avuto un effetto boomerang su ciò che è stato ed è tuttora Gaza. Le immagini fittizie di Musk che mangia la pizza hanno fatto più clamore delle foto reali del genocidio sulla Striscia pubblicate finora. Un popolo che discute più su un video fittizio politicamente ed eticamente discutibile, piuttosto che sulla reale e drammatica storia di Gaza, credo sia un popolo pericolosamente immaturo.
Certo, probabilmente non avevamo bisogno del “Trump Gaza” per averne conferma, ma al contempo resta un’ottima cartina di tornasole sul tempo che viviamo: un tempo in cui l’immaginario artificiale piace ed è più accomodante della realtà che viviamo.