Maledetto Festival – Se Sanremo e San Valentino si incrociano, cosa sarà di noi che non vogliamo scegliere?
Che cosa accade quando due festività si incrociano? Cosa avviene quando si intrecciano due giorni di festa? Quando si allineano due pianeti celebrativi? Un’eclissi? Un innesto? Un cortocircuito? Lo sa bene chi è nato il 25 dicembre e ha un competitor di un certo livello che lo stesso giorno compie gli anni, così come bene lo sa chi è nato il 25 aprile o il 2 giugno.
Ma quando a incrociarsi sono due feste sontuosamente celebrate a livello nazionale cosa succede effettivamente? Se Sanremo e San Valentino si uniscono, nello stesso giorno del calendario, cosa sarà di noi che non riusciamo a sottrarci a nessuno dei due riti?
Potremmo immaginare un dissing tra i due santi come quello che in fondo prospettavamo tra Fedez e Tony Effe, ma Valentino è un tipo peace and love e Remo, che da una vita fa coppia con Romolo, è abituato al duo (tra l’altro, tra le cose incredibili della vita, c’è il fatto che San Romolo sia il patrono della cittadina ligure).
L’incontro tra Sanremo e San Valentino si rivela chiaramente un featuring, una collaborazione musicale e, non a caso, per oggi 14 febbraio, Carlo Conti ha programmato la serata dei duetti. Le due feste, allora, si esibiranno insieme riproponendo un brano del passato.
D’altra parte, il festival della canzone italiana storicamente ha eletto l’amore come nucleo tematico principali delle proprie canzoni e, anche in questa edizione, tra i ventinove brani in gara, la parola che ricorre di più è amore. Per dirla con Dante, l’amor che move il sole e le altre stelle, ma anche l’industria discografica italiana. Mai come quest’anno, infatti, mancano brani con riferimenti a temi sociali e politici. Niente guerra, niente immigrazione, niente.
Amai trite parole che non uno osava. M’incantò la rima fiore amore, la più antica, difficile del mondo, scriveva Umberto Saba nel suo manifesto poetico trasfigurato, oggi, nel ritornello-tormentone di Valeria Rossi che ha contaminato interamente i nostri anni Duemila: Dammi tre parole, sole, cuore amore.
E, così, questo Sanremo è indubbiamente il festival dei Cuoricini che torna alla tradizione della canzone d’amore, è la kermesse in cui se mi trascuri impazzisco come la maionese, ci sto male, male, male, come cantano i ComaCose.
Se Noemi in modo netto ci comunica che Se ti innamori muori, evocando Eros e Thanatos, amore e morte, le due divinità della mitologia greca che, come due impulsi, secondo Freud si scontrano dentro di noi, Gaia in Chiamo io chiami tu riprende l’antico e intramontabile dilemma (già sviscerato con il Ti telefono o no di Gianna Nannini) su chi tra i due debba fare il primo passo.
Stasera dove vai, amore, ora che ho bisogno di te? si domanda Elodie, mentre di tutt’altro avviso è Fedez quando dice: Prenditi i sogni, pure i miei soldi, basta che resti lontana da me. Forse è vero – chiosano i Modà – siamo fatti tutti e due per qualcun altro, ma io non ti dimentico.
Tu con chi fai l’amore? ci domandano, invece, in maniera diretta i The Kolors, mentre Serena Brancale chiede un bacio su un taxi cabrio, tuttavia è Massimo Ranieri che, come sempre, ci rassicura: Io ti proteggerò da quel che è stato e troverai la pace dopo quello che hai passato.
Il desiderio, il piacere, l’attesa, lo struggimento, l’amore con la sua forza salvifica e la sua forza distruttiva, l’amore tossico, la delusione, la separazione, il ricordo. L’amore che fa guarire, sostiene e consola nel brano di Giorgia (per me sei la luna, per me sei la cura) e l’assenza, la lontananza, la malinconia nella Balorda nostalgia di Olly (magari non sarà nemmeno questa sera la sera giusta per tornare insieme). C’è tutto.
L’amore contemplato in ogni sua forma, da quello di Brunori per sua figlia a quello di Simone Cristicchi per la madre, due territori emotivi che non ci fanno smettere di piangere calde lacrime davanti allo schermo del televisore.
L’affetto, il bene, l’amicizia. Anche Settembre che, stanotte, ha vinto la sfida tra le nuove proposte declama: Strappami la pelle dalle vertebre ma dimmi pecchè non vuoi chiù parlà con me. E che gli dei ci scansino sempre dal silenzio punitivo!
Eppure, l’ultima parola ce la offre Achille Lauro: L’amore è come una pioggia sopra Villa Borghese e noi stiamo annegando, naufragando. È un romanzo. Un romanzo il cui titolo, allora, dovrà necessariamente essere L’amore ai tempi di Carlo Conti, ma intanto buon San Valentino a noi con la promessa che sopravviveremo anche a questa festa.
Isabella Pedicini è autrice di Maledette Feste (Fazi editore)