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“Scarcerate mio figlio!”. La madre del Gramsci d’Egitto al quinto mese di sciopero della fame

“Scarcerate mio figlio!”. La madre del Gramsci d’Egitto al quinto mese di sciopero della fame
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Laila Soueif, madre di Alaa Abd el-Fattah, il più famoso prigioniero di coscienza egiziano, chiamato il “Gramsci d’Egitto”, è entrata nel quinto mese di sciopero della fame nell’inverno londinese. A Londra, sì. Perché suo figlio ha anche passaporto britannico. Per questo, da oltre 120 giorni, l’anziana madre sosta tutte le mattine dei giorni lavorativi di fronte a Downing Street chiedendo un intervento del governo del primo ministro Keir Starmer, finora sordo alle sue richieste.

Alaa Abd el-Fattah avrebbe dovuto essere scarcerato alla fine di settembre, quando era terminato il suo ultimo periodo di detenzione: una condanna a cinque anni, l’ennesima, inflittagli il 20 dicembre 2021 al termine di un processo gravemente iniquo per “diffusione di notizie false”.

Tenuto conto del fatto che era stato arrestato il 29 settembre 2019, il tempo trascorso in detenzione preventiva avrebbe dovuto essere conteggiato come parte della condanna. Invece, così non è stato.

Intorno a Laila Soueif si è creato un grande movimento di solidarietà: artisti, parenti di ex detenuti, persone comuni, qualche parlamentare, rappresentanti di organizzazioni per i diritti umani.

Pochi giorni fa Sanaa, la sorella minore di Alaa Abd el-Fattah, si è recata in visita al fratello in carcere:

“Gli ho detto che mamma sta resistendo ma che sta arrivando al limite, che ho paura che venga ricoverata in ospedale a Londra mentre siamo entrambi bloccati qui in Egitto, lui dentro e io fuori dal carcere. Il livello di zuccheri nel sangue è sceso del 50 per cento, è a rischio di ipoglicemia. Ha le gambe gonfie, la tiroide sta messa male. Alaa mi ha detto di starle vicino, di smetterla con quest’idea di farla salire su un aereo per andarlo a trovare: troppo pericoloso, non può viaggiare in queste condizioni. È stata un incontro dolce, se si può usare questo aggettivo in mezzo a tutta la crudeltà delle nostre vite”.

Come suo fratello, anche Sanaa entra ed esce dal carcere. C’è stata tre volte: nel 2014 quando aveva 20 anni, poi nel 2017 e nel 2020. Continua a chiedere dal Cairo, insieme alla madre a Londra, la scarcerazione del fratello e di tutti gli altri prigionieri di coscienza in Egitto.

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