Confermarsi è molto più difficile che affermarsi. Lo si dice spesso, in ogni ambito sociale o sportivo. Il secondo titolo consecutivo di Jannik Sinner all’Australian Open, conquistato contro Alexander Zverev, abbraccia questa logica, ma allo stesso la ribalta totalmente. La abbraccia perché – al di là delle facili previsioni o delle sensazioni della vigilia – non è mai scontato, in generale, dare forma reale a una prima conferma, in particolare in uno sport come il tennis pieno di dettagli.
Il ribaltamento di questa considerazione però avviene osservando la partita che è andata in scena a Melbourne in questa occasione, terminata in tre set netti, con il punteggio di 6-3 7-6 6-3. Un dominio assoluto, a suggello di un torneo mai in discussione. Sinner ha messo in campo la miglior versione di sé stesso, e lo ha fatto proprio in finale, quando più conta. Una finale Slam che l’azzurro ha reso quasi priva di peso specifico, quasi scontata. E dall’altra parte non c’era uno qualsiasi, ma il numero 2 del mondo, l’ultimo capace di battendo sul cemento (nei Major) agli ottavi di finale dello US Open 2023.
Il terzo titolo Slam della carriera, il terzo consecutivo sul cemento, il sorpasso nella speciale classifica italiana a Nicola Pietrangeli (fermo a due trionfi), il secondo azzurro nella storia a confermare un titolo del Grande Slam (sempre dopo Pietrangeli, vittorioso al Roland Garros 1959 e 1960), il diciannovesimo titolo in carriera, il numero 1 del mondo riportato a 3.700 punti dalla seconda piazza del ranking. Tutto questo è il risultato finale di una partita in cui Sinner ha messo in luce tutto il suo compiacimento nel giocare sotto pressione. Una dote non comune, evidenziata in tante occasioni, ma che è impossibile non sottolineare ancora una volta. Sinner infatti arrivava all’ultimo atto dopo un cammino semplice, convincente, ma anche senza picchi clamorosi.
Anzi, il match contro Holger Rune negli ottavi aveva anche gettato qualche ombra sulla propria tenuta fisica. Tutto è stato cancellato da una prestazione memorabile nell’ultimo atto, nel quale non ha mai permesso a Zverev di entrare in partita fin dal primo punto, in cui ha concesso zero palle break. Mai si è avuta la sensazione che il trofeo potesse sfuggire dalle mani del numero 1 del mondo, che la partita potesse girare in suo sfavore. Il tedesco ci ha provato, soprattutto nel secondo set, ma alla fine non ha potuto fare niente contro l’autorità di Sinner e la pressione del momento. L’altoatesino comincia così la stagione come meglio non potrebbe, ricalcando il sentiero intrapreso nella scorsa stagione.
Prosegue invece la maledizione Slam di Zverev. Il tedesco viene ancora una volta respinto nella prova definitiva. Per lui questa è la terza finale persa in carriera, dopo quella all’US Open 2020 (contro Dominic Thiem) e al Roland Garros 2024 (da Carlos Alcaraz). Una partita arrivata al termine di un torneo che lo legittima ulteriormente come numero 2 del mondo. Insomma, la regolarità che viene premiata a dispetto del talento e dell’incostanza; queste incarnate dalla versione di Alcaraz apparsa dopo il titolo di Wimbledon nel luglio scorso. A Parigi, tra quattro mesi, Zverev ripartirà per un nuovo assalto, ma per ora deve accontentarsi nuovamente del ruolo di comparsa nella cerimonia di premiazione. Intanto rafforza la sua posizione in classifica, incamerando 1.300 punti, migliorando il risultato del 2024 in Australia e mettendo più di mille lunghezze tra sé e Alcaraz.