Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi non ha avuto bisogno di mentire sul rilascio del generale libico Almasri, accusato di crimini di guerra e contro l’umanità dal’Aja. Più banalmente, non ha detto nulla, o quasi. Rispondendo a Pd e Avs al Senato, dopo una ricostruzione parziale e sommaria della vicenda, ha spiegato che “il governo ha dato la disponibilità a rendere un’informativa di maggiore dettaglio sul caso in questione e questa verrà la prossima settimana. Sarà quella l’occasione utile per approfondire e riferire su tutti i passaggi della vicenda, compresa la tempistica riguardante la richiesta, l’emissione e l’esecuzione del mandato di cattura internazionale, che poi è maturata al momento della presenza in Italia del cittadino libico”. Insomma, ancora silenzio, per ora. Quello di Piantedosi, ma soprattutto quello del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, la cui inerzia ha di fatto portato al rilascio e al rimpatrio. E quello di Giorgia Meloni, chiamata in Aula dalle opposizioni perché palazzo Chigi non poteva non sapere.
E tuttavia, qualcosa si può sottolineare della risposta di Piantedosi. “L’uomo è stato dunque rilasciato nella serata dello stesso giorno per poi essere rimpatriato a Tripoli, per urgenti ragioni di sicurezza, con mio provvedimento di espulsione, vista la pericolosità del soggetto“, ha detto chiudendo la ricostruzione della vicenda. Due ore prima che Almasri decollasse alla volta di Tripoli, il ministero della Giustizia dichiarava in una nota che Nordio “sta valutando” le carte della Corte penale dell’Aja. Dopo tre giorni di silenzio, negandosi anche alla procura generale della Corte d’appello di Roma, Nordio fa sapere che “sta valutando”. Oggi sappiamo che gli sarebbe bastato chiedere al collega Piantedosi, che al contrario aveva già le idee chiare sulla pericolosità del soggetto. “Evidenzio che l’espulsione è stata individuata quale misura in quel momento più appropriata, anche per la durata del divieto di reingresso (15 anni, ndr) a salvaguardare la sicurezza dello Stato e la tutela dell’ordine pubblico, che il governo pone sempre al centro della sua azione”.