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Gaza, la piccola Sila al-Faseeh di tre settimane muore di freddo in un campo profughi la notte di Natale. È la terza neonata in 48 ore

A causa del vento gelido, al mattino la piccola era irrigidita, aveva le labbra viola e presentava vistose macchie sul volto: nonostante la corsa nell'ospedale del campo, i suoi polmoni si erano già deteriorati
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Si chiamava Sila al-Faseeh, aveva tre settimane ed è morta di freddo la notte di Natale, in un campo profughi del centro della Striscia di Gaza. Prima di lei, nelle ultime 48 ore, la stessa sorte era toccata ad altri due neonati palestinesi, di età compresa tra i quattro e i 21 giorni di vita. La storia di Sila, raccontata dall’Associated Press, è una delle più atroci della guerra in Medio Oriente ed è ambientata ad al-Mawasi, villaggio sulla costa desolata dell’enclave palestinese vicino alla città di Khan Younis, tra dune e campi abbandonati. Qui le temperature negli ultimi giorni sono scese sotto i 9 gradi. A causa del vento gelido penetrato tutta la notte nella tenda non sigillata, a contatto col suolo ghiacciato, al mattino la piccola era irrigidita, aveva le labbra viola e presentava vistose macchie sul volto: nonostante la corsa nell’ospedale del campo, dove i medici hanno cercato di rianimarla, i suoi polmoni si erano già deteriorati.

Ahmed al-Farra, direttore del reparto pediatrico dell’ospedale Nasser di Khan Younis, ha confermato che la bimba è morta per ipotermia, come d’altra parte era già successo ad altri due bambini, tutti nati da pochi giorni, nelle ultime 48 ore. “Faceva davvero molto freddo e nemmeno noi adulti riuscivamo a scaldarci. Non c’era modo di procurarci un po’ di calore”, ha raccontato il padre, Mahmoud, all’Ap. “La piccola era avvolta in una coperta, stretta fra di noi. Ma evidentemente non è bastato. Sila si è svegliata tre volte piangendo durante la notte. La mattina era esanime, rigida come legno”, ha aggiunto. Secondo i dati delle Nazioni Unite, sono quasi un milione i palestinesi che a Gaza non hanno un posto adeguato in cui vivere dopo la distruzione delle loro case ad opera dell’esercito israeliano.

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