Manovra, il governo pone la fiducia su un testo con “errata corrige”. E Ciriani chiede scusa per i ritardi causati dall’assenza dei ministri

Come da attese, il governo ha chiesto la fiducia sulla manovra. Il voto è previsto per venerdì a partire dalle 11. Il ministro ai Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, ponendo la fiducia, si è scusato personalmente e a nome del governo “per il ritardo con cui stamane sono iniziati i lavori” parlamentari. All’apertura dei lavori alle 8 in Aula, infatti, non c’era nessun rappresentante del governo e la discussione non è potuta iniziare. Nella maggioranza c’è chi dice che toccasse al sottosegretario all’Economia Federico Freni, della Lega. Lui, reduce dalle due notturne in commissione Bilancio, ha negato. Poco dopo in Aula è arrivato in tutta fretta il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti con Ciriani, che ha chiosato: “So che le giustificazioni stanno a zero e non intendo ricorrere lo scaricabarile come pure potrei”. Per poi promettere “massimo impegno affinché tutti i ministeri garantiscano doverosamente e prioritariamente la presenza in Aula e nelle commissioni affinché episodi del genere non si verifichino più”. Scuse arrivate dopo le polemiche e le critiche dei partiti di opposizione e provocano evitabile imbarazzo a Giorgia Meloni, a maggior ragione perché l’incidente si consuma mentre è a Bruxelles per il Consiglio europeo.
Come se non bastasse c’è anche da rilevare che il testo della manovra licenziato dalla commissione Bilancio su cui il governo ha posto la questione di fiducia è stato affiancato da una errata corrige. Tre le correzioni contenute nell’allegato. La principale riguarda un requisito per accedere all’Ires premiale: era saltato un rigo e mezzo e mancava nel testo il riferimento alla percentuale minima del 24% degli utili del 2023 accantonati destinata agli investimenti. Non proprio un dettaglio. Contestualmente è arrivata anche la correzione su una norma in materia di giustizia, per lo smaltimento delle domande di equa riparazione, che in pratica era stata finanziata due volte. Modifiche in extremis, pertanto, anche nel testo finale.
Le opposizioni non risparmiano critiche sulla magra figura: il deputato M5s Leonardo Donno denuncia l’“ennesima assoluta mancanza di rispetto nei confronti del Parlamento” e chiede a nome del gruppo l’intervento del presidente della Camera, Lorenzo Fontana. “In queste settimane abbiamo assistito a una gestione pessima dei lavori sulla legge di bilancio, una confusione totale, con emendamenti che arrivavano all’ultimo minuto. Quasi certamente dovremo tornare in Commissione e l’assenza del governo di stamani è la ciliegina sulla torta”, attacca Donno. “Non è un bello spettacolo”, accusa invece Nicola Fratoianni di Sinistra italiana, mentre Maria Chiara Gadda di Italia viva definisce l’apparizione dei ministri “una toccata e fuga”.
Intercettato dai cronisti in Transatlantico, Giorgetti minimizza le polemiche: “È legittimo, l’opposizione è nata per protestare. Anche io quando ero all’opposizione protestavo”, dice. L’imbarazzo però è evidente, tanto che il presidente di turno della Camera Fabio Rampelli si è sentito in dovere di giustificarsi con gli studenti e gli insegnanti in visita, che assistevano alla seduta: “L’Aula a breve si riempirà per le fasi finali della discussione e anche per probabili voti”. Nel giovedì prenatalizio a Montecitorio i deputati non abbondano, le versioni sul pasticcio invece sì. Fra quelli di centrodestra si parla di un dissidio fra i due sottosegretari Freni e Lucia Albano di FdI, neanche un mese fa sul banco degli imputati quando il governo è andato sotto in una votazione sul taglio del canone Rai. All’interno di FdI ci sono anche perplessità per i modi con cui il Mef ha gestito la manovra: una conduzione troppo solitaria, dicono, e troppe le misure localistiche inserite alla fine dalla Lega. Ma fra i circa 300 emendamenti approvati, dalla riscrittura della tassazione sulle criptovalute alle pensioni, passando per i fondi per lo psicologo nelle scuole, ci sono numerose micronorme simili a favore dei territori, presentate e votate da tutti i partiti di maggioranza.
Come da prassi, la discussione è cominciata con gli interventi da parte dei relatori di maggioranza e opposizione. Iscritti a parlare 22 deputati, praticamente tutti di opposizione: sei del Pd, cinque del M5s, quattro di Azione e due ciascuno tra Italia viva e Alleanza verdi-sinistra. Gli unici rappresentanti della maggioranza a prendere la parola sono Carmen Letizia Giorgianni di Fratelli d’Italia e Vanessa Cattoi e Nicola Ottaviani della Lega, mentre nessun intervento dai banchi di Forza Italia. “Per la terza volta sotto il vestito non c’è nulla”, ha dichiarato il capogruppo del Pd Francesco Boccia in un’intervista alla Stampa giovedì mattina. “La prima manovra l’hanno scaricata su Draghi, dicendo che l’aveva scritta lui. Per la seconda si sono creati l’alibi del superbonus, negando l’evidenza, cioè che per due anni l’hanno prolungato loro, solo l’anno scorso lo hanno votato per le villette”. Per Boccia, “le previsioni di crescita erano totalmente sbagliate per il 2023 e il 2024 e lo saranno anche nel 2025: Giorgetti ha stimato un +1, 2%, Bankitalia e altre fonti autorevoli hanno già detto che non andremo oltre lo 0, 8%. Poi ci sono i dati sull’occupazione”.
“È una legge di Bilancio profondamente riscritta dagli emendamenti del governo, trasformati in fittizi emendamenti dei relatori per non fornire i dati tecnici e costringere la Commissione ad esprimersi con un solo voto sull’intero pacchetto”, ha commentato deputata dem Maria Cecilia Guerra, responsabile Lavoro del Pd e relatrice di minoranza della Legge di Bilancio in discussione alla Camera. “Una legge priva di elementi cruciali come la politica industriale, priva di un piano, il salario minimo, le risorse per la sanità pubblica e per la scuola. C’è la volontà del governo di spingere verso la privatizzazione della sanità, della scuola e del sistema pensionistico”.
Alla fine non c’è stato il rischio di un ritorno del testo in commissione paventato dalle opposizioni dopo le ultime modifiche in extremis. Secondo la Ragioneria ci sono anzi cento milioni eccedenti rispetto ai costi degli ultimi emendamenti. Una sovracopertura che porta a due opzioni: un miglioramento dei saldi o, più probabilmente, un utilizzo in quello che si chiama “conto di controllo”, fondo da utilizzare per ulteriori interventi durante l’anno. Resta confermato per la maggioranza l’obiettivo di arrivare all’ok dell’Aula della Camera alla manovra entro la sera di venerdì 20 dicembre. Intorno alle 18-19 dovrebbe svolgersi il Consiglio dei ministri sulla nota di variazione, mentre il voto finale dell’Aula dovrebbe arrivare intorno alle 23, senza dunque la necessità di uno slittamento a sabato mattina. La seconda lettura in Senato partirà invece lunedì 23 in commissione e l’ok definitivo di Palazzo Madama è previsto tra Natale e Capodanno.
La conferenza dei capigruppo di Montecitorio, riunitasi subito dopo l’apposizione della questione di fiducia dal parte del governo, ha confermato il timing di Aula già stabilito: venerdì alle 9.30 prenderanno il via le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia, con votazione per appello nominale dalle 11. Alle 12 una breve pausa dei lavori sulla legge di bilancio per la votazione sulle dimissioni di Enrico Letta. Dalle 12.30 si riprende con le votazioni dei restanti articoli, emendamenti e odg fino alle dichiarazioni di voto finale dalle 21, con votazione alle 22.30.