di Samuela Cittadini

Sul televisore muto sfilano le immagini del processo a Filippo Turetta, o meglio della sentenza che lo riguarda: un ergastolo annunciato, invocato, inevitabile. Certi ergastoli, diciamolo, sono proprio liberatori. Sapere che un colpevole ci sarà risparmiato alla vista e al nostro cammino quotidiano per moltissimi anni a venire ci tranquillizza. Anche se sappiamo che, per uccidere di nuovo, un soggetto come il nostro dovrebbe ritrovarsi nelle stesse condizioni psicologiche (o psicopatologiche?), e comunque coinvolto sentimentalmente con una donna con le stesse caratteristiche di Giulia, buona, comprensiva e forse con un segreto senso di colpa per non essere più innamorata, per aver desiderato e inseguito sogni che non comprendevano più il suo ormai ex fidanzato.

Forse proprio questi sentimenti l’hanno portata a concedere un ultimo incontro, un’ultima tragica cena con un ragazzo che, di lì a breve, si sarebbe trasformato nel suo assassino. Conosco questo tipo di logiche, una ragazza inesperta e con un forte senso di giustizia può facilmente cadere in questo tipo di trappole, anche se un istinto ancestrale le sussurra che è pericoloso, che deve stare attenta. Moltissimi anni fa, in un ferragosto incandescente, feci la stessa cosa di Giulia, salii su una piccola barca per un ultimo chiarimento, per una improbabile riparazione di una storia ormai finita. Appena fuori dal porto, l’istinto che mi aveva sussurrato all’orecchio diventò presagio. Costretta a scendere in acqua mi ritrovai le sue braccia strette intorno alle mie, impossibilitate a muoversi, bloccate e poi quello sguardo mortale, indimenticabile. Non so che cosa mi abbia davvero salvata, forse le sue motivazioni non erano abbastanza forti, forse le mie parole riuscirono a colpire duro e a disinnescare il suo intento.

Tuttavia, non saprò mai se furono le mie parole a funzionare o se si trattò solo di fortuna – come non sapremo mai che cosa disse Giulia quando ormai le era chiaro che cosa stava per succedere. E, allora, ecco che gli ergastoli dissetano anche la nostra sete di vendetta, nulla a che vedere con il diritto e con le leggi. È cosa umana, niente di cui vergognarsi. Certo, insieme a tutto questo coltiviamo anche la sensazione che un torto è stato riparato, che giustizia è stata fatta – giustizia umana, per sua natura sghemba perché non può riportare le storture della vita all’indietro e Giulia non tornerà, come non torneranno tutte le altre. Tutte queste vite interrotte brutalmente hanno aperto un dibattito che, come avviene su più fronti ormai nel nostro tempo, si concentra più sulle definizioni che sui fatti. E disquisiamo sul patriarcato, fonte di tutti i mali parrebbe ma, patriarcato o meno, le donne continuano a cadere vittime, spesso proprio in ambiente familiare. Dunque, dove ricercare le ragioni di tutte queste morti? È una crisi di potere quella che investe gli uomini colpevoli di femminicidio o una mancanza di educazione sentimentale che li rende così fragili e impotenti davanti alle storie che finiscono? Sospetto che i fattori in gioco siano molti di più e che abbiano a che fare con una sostanziale incapacità d’amare.

Le immagini in tv ora raccontano già altre storie mentre io ripasso nella mente tutti i volti e le parole dei colpevoli degli ultimi anni, e non posso non notare le stesse espressioni impassibili, le stesse inflessioni monotone e monocordi, la stessa vuotezza spirituale con cui confessano, la stessa totale mancanza di empatia per le loro vittime.

Volti, espressioni, toni e comportamenti che con l’amore non hanno niente a che fare e che dovrebbero rappresentare un monito come tante bandierine rosse d’allerta da cui tenersi alla larga. E forse proprio da qui e subito si dovrebbe ricominciare, allenarci a identificare i segnali, a disimparare il senso di colpa che ci pervade davanti a richieste che riconosciamo assurde, a captare la violenza al primo manifestarsi. E, con molta, molta fortuna, a tornare a casa.

Il blog Sostenitore ospita i post scritti dai lettori che hanno deciso di contribuire alla crescita de ilfattoquotidiano.it, sottoscrivendo l’offerta Sostenitore e diventando così parte attiva della nostra community. Tra i post inviati, Peter Gomez e la redazione selezioneranno e pubblicheranno quelli più interessanti. Questo blog nasce da un’idea dei lettori, continuate a renderlo il vostro spazio. Diventare Sostenitore significa anche metterci la faccia, la firma o l’impegno: aderisci alle nostre campagne, pensate perché tu abbia un ruolo attivo! Se vuoi partecipare, al prezzo di “un cappuccino alla settimana” potrai anche seguire in diretta streaming la riunione di redazione del giovedì – mandandoci in tempo reale suggerimenti, notizie e idee – e accedere al Forum riservato dove discutere e interagire con la redazione. Scopri tutti i vantaggi!
Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti