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Strage del Mottarone, la procura non cambia i capi di imputazione. “Il gup non ha dominio incontrastato”

Strage del Mottarone, la procura non cambia i capi di imputazione. “Il gup non ha dominio incontrastato”
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La richiesta, in base alla legge Cartabia, era di cambiare il capo di imputazione ed escludere i reati dolosi. Ma la procura di Verbania, che ha indagato sulla strage del Mottarone, non ci sta e mantiene tutto invariato. Per gli inquirenti a causare l’incidente con i 14 morti furono i mancati controlli: la fune era corrosa ben prima dell’incidente e una corretta manutenzione avrebbe potuto rilevarlo. E poi l’uso costante dei forchettoni non lasciò scampo. I reati contestati a vario titolo sono attentato alla sicurezza dei trasporti, rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni colpose gravissime e anche il falso. Per la gup, Rosa Maria Fornelli vanno escluse l’aggravante dell’antinfortunistica e la sussistenza dei reati dolosi, accogliendo le tesi difensive.

Il giudice dell’udienza preliminare non ha “il dominio incontrastato” sulla “qualificazione giuridica dei fatti (…) che comporti una riduzione delle contestazioni” e, in base alla norma, non ha poteri tali “da comportare situazioni in cui il pubblico ministero, al fine di evitare la restituzione degli atti e la regressione del procedimento, si trovi, di fatto, costretto a stravolgere l’impianto accusatorio” scrivono, secondo una sintesi, le pm nella memoria depositata oggi alle parti. Alla disciplina introdotta dalla legga Cartabia, la stessa invocata dalla giudice per chiedere la modifica del capo di imputazione, affinché “risulti rispettosa dei principi costituzionali di ragionevole durata del processo, di obbligatorietà dell’azione penale e di imparzialità e terzietà del giudice”, osservano la procuratrice Olimpia Bossi e la pm Laura Carrera, non “può essere data una interpretazione che” comporti “situazioni in cui il pubblico ministero, al fine di evitare la restituzione degli atti e la regressione del procedimento, si trovi, di fatto, costretto a stravolgere l’impianto accusatorio, riducendo le contestazioni”.

Inoltre, riporta la memoria, non si può ritenere che “il legislatore abbia voluto attribuire al giudice dell’udienza preliminare/predibattimentale, il dominio esclusivo e incontrasto in ordine alla qualificazione giuridica dei fatti portati alla sua attenzione, che comporti anche una riduzione delle contestazioni”. Quello che sostiene la Procura in sostanza è che che per la legge il gup non può imporre, in questo caso, una “riduzione della contestazione, con effetti anche sulla competenza del giudice del dibattimento, da collegiale a monocratica”. Altresì può valutare e decidere nel merito con una sentenza che eventualmente può essere impugnata. In caso contrario, verrebbero anche lesi i principi della “obbligatorietà dell’azione penale e della sua irretrattabilità“. I pubblici ministeri hanno quindi chiesto la restituzione del fascicolo. Si ritorna in aula il prossimo 10 ottobre. Imputati nel processo per responsabilità amministrativa le Ferrovie del Mottarone e la ditta Leitner, nonché di Luigi Nerini, titolare della prima, Enrico Perocchio e Gabriele Tadini, allora rispettivamente direttore d’esercizio e capo servizio dell’impianto, Anton Seeber, amministratore delegato di Leitner, Martin Leitner, consigliere delegato, e Peter Rabanser, responsabile del Customer Service.

“A prescindere dalle determinazioni del pubblico ministero, l’ordinanza del gup della scorsa udienza individua una serie di elementi di cui non si potrà non tenere conto” ha commentato l’avvocato Federico Cecconi, del pool difensivo di Leitner. Elementi che avrebbero potuto portare a prosciogliere quanto meno le due società e a ridimensionare le contestazioni per le persone fisiche. Per gli avvocati Pasquale Pantano e Luca Della Casa, difensori di Nerini “la procura ha forzato la norma che prevede che il pubblico ministero si adegui all’ordinanza del giudice. In questo caso invece non si è adeguato in alcun modo e si è limitato a chiedere la restituzione degli atti. Appare questo – proseguono i due legali – un meccanismo che rimette nelle mani del pubblico ministero la scelta del giudice naturale che per la Costituzione può essere individuato solo dalla legge. Intanto – concludono Pantano e Della Casa – la prescrizione avanza e questa volta, non si dica, che la responsabilità è degli avvocati“.

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