L’aria di Venezia ha un frizzante sapore di mare, e la città, già di per sé uno scenario da sogno, si è trasformata ancora una volta in un caleidoscopio di stelle, cinema d’autore e… influencer. Sì, avete capito bene: influencer. Tra un film di Pedro Almodóvar — The Room Next Door, primo in lingua inglese e Leone d’Oro per il miglior film — e l’acclamato Vermiglio, premiato con il Gran Premio della Giuria, chi poteva mancare sul tappeto rosso? Le nostre star dei social, ovviamente, armate di smartphone e filtri da 10 gradi in meno.
Ora, non fraintendetemi. Adoro una buona dose di selfie ben illuminati come il prossimo, ma davvero mi chiedo: che ci fanno su un tappeto rosso, pensato per celebrare l’arte e il talento, persone il cui unico “merito” sembra essere la quantità di follower che hanno su Instagram? È davvero questa l’essenza del Festival del Cinema di Venezia? Una sfilata di numeri piuttosto che di Storie!
Ci sono influencer che, nonostante un buon seguito, commettono errori di comunicazione talmente clamorosi che un principiante potrebbe fare di meglio. Non rispettano linee guida, sparano contenuti a casaccio, eppure lì sono, sempre in prima fila. Con tutta quella visibilità, non sarebbe lecito aspettarsi un po’ di sostanza in più? Un pizzico di contenuto autentico? O è chiedere troppo in un’era in cui la profondità si misura in pixel e non in pensieri?
La cosa che fa sorridere — e, ammettiamolo, un po’ piangere — è che mentre questi influencer calcano i tappeti rossi e i flash impazzano, esistono artisti veri, ballerini, scrittori, scultori, con gli stessi numeri di follower, o anche di più. Persone che, anziché posare per la foto perfetta, creano opere che ispirano, emozionano, fanno riflettere. Eppure, sono messi in un angolo buio, lontano dai riflettori, perché non fanno abbastanza “rumore” mediatico.
Parliamoci chiaro: adoro i social media. Sono strumenti incredibili. Ma se l’idea è quella di avere un influencer per ogni occasione, perché non andiamo fino in fondo? Facciamo un bel reality show sul red carpet: “Chi ha più follower?” Vince chi scatta il selfie più performante o chi riesce a dire la cosa più ovvia con l’aria più seria. E magari lasciamo la celebrazione dell’arte e del talento vero a chi ha qualcosa di più da dire.
Alla fine, mi chiedo: non dovremmo usare momenti come il Festival del Cinema di Venezia per celebrare chi ha storie da raccontare, chi ha qualcosa da dire, chi ispira veramente? Piuttosto che alimentare gossip e contenuti di bassa qualità?
Forse è il momento di ricordare che il vero spettacolo non sta nel numero di follower o nei flash, ma nelle storie che ci toccano, che ci cambiano, che lasciano un segno. Facciamo un brindisi, dunque, al talento vero. Quello che non ha bisogno di filtri, ma solo di essere visto, ascoltato e, perché no, anche applaudito.