Vi ricordate di quando Berlusconi diceva che avrebbe creato “un milione di posti di lavoro”? Era un’esagerazione, ovviamente, ma come slogan politico era molto efficace. Oggi, nel dibattito sulle auto elettriche viene fuori uno slogan simile, ma al contrario. Con le auto elettriche, si dice, perderemo migliaia, forse milioni, di posti di lavoro.

Anche questo è uno slogan politico che ha poco a che vedere con la realtà, ma che può avere una certa efficacia. In effetti, i motori dei veicoli elettrici sono molto più semplici di quelli dei veicoli termici, durano più a lungo e si guastano molto meno. Quindi, potrebbero arrivare tempi duri per il meccanico all’angolo; quello con la chiave inglese in tasca e che somiglia un po’ al Cipputi.

In pratica, ovviamente, non è questo il problema. Le automobili moderne sono diventate oggetti complessi che si prestano male a essere riparate in modo artigianale dal meccanico all’angolo come si faceva una volta. Richiedono comunque una certa manutenzione, ma cambia poco se sono elettriche oppure no. Il problema è un altro: ha a che vedere con la capacità del sistema industriale italiano di adattarsi ai grandi cambiamenti in corso nel mondo.

L’Italia ha un glorioso passato in tante cose, incluse la progettazione e la costruzione di automobili. Ma non si campa di gloria passata e la nuova sfida è adattarsi a un mondo in cui il motore termico è ormai diventato obsoleto: troppo costoso, inefficiente e inquinante. Con la Cina e gli Stati Uniti che si stanno accaparrando il mercato globale dei veicoli, qui in Italia rischiamo di rimanere indietro in modo irrimediabile se rifiutiamo i veicoli elettrici. Un po’ come se negli anni 1950 la lobby del carbone avesse costretto l’Italia a rimanere ancorata alle locomotive a vapore.

Non è una cosa che vi sto dicendo solo io, è chiara a tante persone che tengono alla sopravvivenza del nostro paese. Vi cito qualche stralcio dalla postfazione al mio libro Il Futuro del Trasporto di Michele De Palma, segretario generale della Fiom: “Il nostro Paese ha rivestito un ruolo di innovatore, il punto di riferimento della progettazione, delle soluzioni ingegneristiche all’avanguardia, dello stile (design). Competenze che ancora sono presenti ma che giorno dopo giorno rischiano di scomparire, di trasferirsi altrove, proprio ora che abbiamo bisogno di tutte le intelligenze per affrontare un cambio epocale. Un salto, quello della digitalizzazione ed elettrificazione dei trasporti, che deciderà se il nostro paese sarà industrializzato oppure no. Abbiamo un grave ritardo tecnologico ma siamo ancora in tempo per colmarlo e tornare ad essere quel Paese che da sempre ha portato innovazione nel settore. Siamo fermamente convinti che possiamo avere un ruolo importante nell’avanzamento tecnologico, nella guida autonoma, nella sicurezza stradale, nei nuovi sistemi di mobilità condivisa, pubblica e privata. I metalmeccanici sono anche creatori e costruttori di mobilità, e sono consapevoli che senza un settore dell’auto forte l’industria in generale è a rischio e che la transizione è necessaria e non ci deve essere alcuna contrapposizione tra ambiente e lavoro, anzi è il momento di rivendicare lavoro per il futuro della creazione, progettazione e produzione della mobilità ecologica, come diritto delle persone alla piena cittadinanza”.

E’ una grande sfida, quella dell’elettrificazione del trasporto. Include le auto elettriche, ma coinvolge molto di più in termini di nuove tecnologie e nuovi sistemi. Possiamo ancora vincerla, ma non dobbiamo farci abbindolare dalla propaganda contro i veicoli elettrici. Pensateci sopra!

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