Giornalisti uccisi perché stavano nel posto giusto al momento giusto. C’è il reporter ammazzato da Hamas, il 7 ottobre, giorno del massacro firmato dagli islamisti con 1.200 morti e più di 300 ostaggi. E ci sono i cronisti che nella Striscia di Gaza sono finiti sotto il fuoco per tentare di raccontare, di mostrare le atrocità della guerra. Due denunce sono state presentate da Reporters sans frontières alla Corte penale internazionale per crimini di guerra. In particolare, gli esposti menzionano i giornalisti palestinesi uccisi a Gaza. La Federazione nazionale della stampa italiana si è unita formalmente a queste denunce.

Secondo i dati di Rsf, dal 7 ottobre 103 sono gli operatori dell’informazione caduti. Nella prima denuncia, presentata alla fine di ottobre, si menzionano “i casi di 9 giornalisti uccisi dal 7 ottobre e due feriti nell’esercizio delle loro funzioni e la distruzione intenzionale, totale o parziale, delle sedi di più di 50 organi di stampa a Gaza”. La tesi sostenuta è che gli attacchi sono stati “indiscriminati” e dunque costituiscono “crimini di guerra”. In questo esposto si menziona anche il caso del giornalista israeliano ammazzato da Hamas durante l’assalto ad un kibbutz.

Nel secondo dossier si cita la fine di altri sette reporter avvenuta a Gaza tra il 22 ottobre e il 15 dicembre. Reporters sans frontières scrive: “Questi giornalisti potrebbero essere stati deliberatamente presi di mira in quanto giornalisti”. Alessandra Costante, segretaria generale della Fnsi, in una nota si esprime così: “Non giustifichiamo la violenza e la brutalità con le quali il 7 ottobre i terroristi di Hamas hanno attaccato lo Stato israeliano e siamo vicini alla popolazione per il dramma degli ostaggi. Ma non possiamo tacere che da quel 7 ottobre sono morti nel conflitto decine di giornalisti e operatori dei media palestinesi. Sono diventati obiettivi di guerra e questo è inaccettabile”.

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I media occidentali favoriscono il massacro di Gaza: così si crea una copertura distorta

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