Poste Italiane è finita al centro di un’istruttoria dell’Antitrust perché avrebbe un “vantaggio competitivo esclusivo” nel pubblicizzare PosteEnergia in quanto “PostePay sarebbe in
grado di attrarre nuovi clienti contattando i numerosi utenti che ogni giorno utilizzano i servizi postali e finanziari del gruppo”. E quando due concorrenti – A2A e Iren Mercato – hanno chiesto di ‘aprire’ la rete postale e gli uffici, di cui Poste Italiane dispone in esclusiva, si sono visti negare la richiesta, in apparente violazione di un articolo della legge 287/1990.

Così ora la Agcm guidata da Roberto Rustichelli ha deciso di avviare un’istruttoria ed entro 7 giorni risponderà sulla domanda di misure cautelari avanzata dalle altre due compagnie che forniscono servizi energetici. Già mercoledì i funzionari dell’Autorità, con l’ausilio del Nucleo speciale Antitrust della Guardia di Finanza, hanno svolto ispezioni nelle sedi delle società interessate. Dall’inizio del 2023, Poste Italiane – ricorda l’Agcm nel provvedimento – è attiva “nel settore della fornitura di energia elettrica e gas naturale a condizioni di libero mercato, commercializzando offerte con il marchio Poste Energia tramite la rete postale e gli uffici postali, di cui ha la disponibilità esclusiva in virtù delle attività svolte al fine di garantire il servizio universale postale”.

Stando alle regole, Poste – in quanto “affidataria del servizio universale postale” – nel caso renda “disponibili beni o servizi, anche informativi, di cui abbia la disponibilità esclusiva in dipendenza delle attività svolte nel perimetro del servizio universale postale a società da essa partecipate o controllate nei mercati diversi da quelli postali, è tenuta a rendere accessibili tali beni o servizi, a condizioni equivalenti, alle altre imprese direttamente concorrenti”. Tra giugno e luglio dello scorso anno, A2A e Iren hanno chiesto l’accesso a pari condizioni alle “risorse messe a disposizione di PostePay per promuovere e commercializzare l’offerta Poste Energia”, ma la società “avrebbe negato tale accesso”. Da qui la decisione dell’Antitrust di intervenire.

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