“Non sono ancora un ex sottosegretario”. Adesso Vittorio Sgarbi inventa un nuovo filone politico: le trattative sulle dimissioni. Il critico d’arte solo due giorni fa aveva annunciato la sua rinuncia “con effetto immediato al suo ruolo al ministero della Cultura. Ora la mezza marcia indietro: “Le dimissioni le ho solo annunciate ma le devo ancora negoziare con il governo. In questo momento sono ancora sottosegretario alla Cultura, sia pure con annuncio di dimissioni. La mia agonia sarà lunga”. Questo ha dichiarato lo stesso Sgarbi all’emittente Teleuniverso di Frosinone a margine di un evento alla Bit di Milano, la Borsa Internazionale del Turismo. Ex o non ex, Sgarbi sembra quindi voler restare al centro della cronaca politica. Che cosa debba “negoziare” con il governo non è dato saperlo. In serata, per quanto possibile, lo stesso Sgarbi ha provato a chiarire il concetto: intervistato da Zona Bianca su Rete4, il critico ha detto: “La lettera di dimissioni sto finendo di scriverla ed entro oggi la invio a Giorgia Meloni, ringraziandola per essere stata estremamente sensibile e rispettosa”.

Tuttavia, dopo aver ribadito che farà ricorso al Tar rispetto alla delibera dell’Antitrust, il sottosegretario (ex?) ha aggiunto che “nel frattempo valuterà se nel tempo necessario per il ricorso potrà continuare a fare il sottosegretario. Anche se la decisione finale spetta solo alla premier perché quella dell’Authority – ha aggiunto – è solo una delibera e non una sentenza. Della lettera di dimissioni, del resto, Sgarbi aveva parlato già due giorni fa, prima di attaccare il suo ministro, Gennaro Sangiuliano, definito “un uomo senza dignità”.

Il critico d’arte è stato coinvolto in una serie di scandali di risonanza mondiale, svelati dalle inchieste del Fatto Quotidiano e di Report (qui tutte le tappe), sui suoi cachet d’oro ricevuti durante l’incarico di governo e, soprattutto, sul presunto riciclaggio di un quadro del Seicento rubato. Nei suoi confronti, inoltre, pendeva alla Camera una mozione di revoca sottoscritta da M5s, Pd e Alleanza Verdi e Sinistra, che si sarebbe dovuta votare il prossimo 15 febbraio. All’indomani del primo articolo del Fatto sul caso degli incarichi retribuiti, pubblicato il 24 ottobre 2023, era stata aperta un’istruttoria da parte dell’Antitrust. Questo procedimento era stato avviato su segnalazione del ministro della Cultura Sangiuliano. Il motivo per cui Sgarbi da giorni si scaglia contro di lui: “Non ci parliamo dal 23 ottobre. Non potevo sentire una persona che riceve una lettera anonima e la manda all’Antitrust”.

Le dimissioni di Sgarbi sono arrivate appunto in seguito alla sentenza dell’Antitrust: l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha censurato le attività private e sotto compenso del critico perché incompatibili con quella istituzionale, smontando la sua difesa. L’esecutivo di Giorgia Meloni si era nascosto di fronte alle inchieste del Fatto sul sottosegretario alla Cultura, rinviando proprio alla sentenza dell’Antitrust una eventuale decisione. Alla fine il governo non ha dovuto disturbarsi, perché Sgarbi ha presentato le dimissioni da solo, seppure contestando apertamente il provvedimento dell’Autorità: “Farò ricorso al Tar”. La sentenza ha invece confermato quanto anticipato dalla prima inchiesta del Fatto sulle conferenze che Sgarbi continuava a fare in tutta Italia, in barba alla legge Frattini del 2004 che stabilisce l’incompatibilità del ruolo istituzionale con “attività professionali in materie connesse alla carica di governo”. Attività che Sgarbi svolgeva con lauti compensi: almeno 300 mila euro solo da febbraio 2023 allo scorso ottobre, quando il Fatto ne ha dato notizia avviando un’indagine che si è poi allargata alla nota vicenda del quadro del Manetti rubato.

Proprio sulla vicenda del quadro – raccontata dal nostro Thomas Mackinson e da Manuele Bonaccorsi di Report, e ripresa persino dal New York Times – la Procura di Macerata indaga Sgarbi per furto di beni culturali. A Imperia, invece, su di lui c’è un fascicolo aperto per l’esportazione illecita del “Concerto con bevitore, un altro dipinto seicentesco, di Valentin de Boulogne. Vale milioni, ma l’autista di Sgarbi è accusato di averlo comprato in nero per diecimila euro. Sgarbi ha risposto alle domande dell’emittente Teleuniverso perché è anche sindaco di Arpino (Frosinone) dove l’opposizione chiede che le vicissitudini del sottosegretario siano oggetto di un confronto in Consiglio comunale. A Sgarbi si rimprovera infatti di essere poco presente in città. D’altronde la poltrona di sindaco è solo uno dei tantissimi incarichi del critico d’arte: un anno fa se ne contavano ben dieci.

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La lettera di Sgarbi a Meloni (senza la parola “dimissioni”): “L’Antitrust indaghi anche sugli altri del governo”

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