Durante il governo Meloni la Panda elettrica è volata in Serbia, la 600 elettrica in Polonia, la Topolino in Marocco e solo la 500 elettrica, per ora, è sopravvissuta a singhiozzo a Torino. Giorgia Meloni dov’era? Quando la Lear ha chiuso i battenti, mostrando la sofferenza dell’indotto, insieme ai lavoratori e alle lavoratrici l’ho invitata a venire lì, a Grugliasco, a parlare con loro. Nessuna risposta. Sapete perché? Perché mentono sapendo di “mentine”.

Graffiano sui social e fanno le fusa alla prima chiamata. Come con le banche. Hanno venduto Air Ita ai tedeschi di Lufthansa, la rete di Tim al fondo americano Kkr. Vedremo come finirà con l’ex Ilva e con il nuovo piano di privatizzazioni. Non ci stupiremmo se Poste Italiane finissero ad Amazon. Eccoli, i patrioti del Dio mercato.

Rispondendo al cosiddetto “Premier time”, mercoledì ha Meloni ha dichiarato che lo spostamento della sede legale e fiscale fuori dall’Italia e la fusione celavano un’acquisizione francese: scopre l’acqua calda. Ha aggiunto che chi delocalizza sarà penalizzato e che bisogna tornare a produrre un milione di veicoli l’anno in Italia. Lo diciamo da mesi, il punto è: cosa ha fatto il governo in questi mesi e, soprattutto, come intende perseguire quell’obiettivo?

Come darà seguito il governo all’ordine del giorno che abbiamo presentato alla Camera dei Deputati e tutti hanno votato? Un atto con il quale il governo si è impegnato a rilanciare l’automotive nel segno della transizione, garantendo i livelli occupazionali. Se necessario, anche cercando altri produttori di veicoli elettrici. Come si conciliano le severe parole di Giorgia Meloni con gli incentivi già promessi a Stellantis, senza nessuna rassicurazione su occupazione e nuovi modelli? Una società che ha ancora la faccia tosta di bacchettare perché quegli incentivi li pretende da novembre e arriveranno “solo” a febbraio.

Una società che, mentre fa le valigie dall’Italia, realizza 16,8 miliardi di euro di profitti globali (nel 2022, il 26% in più dell’anno precedente). Con utili distribuiti agli azionisti per 4,2 miliardi (e neanche un euro di tasse sugli stessi versato in Italia). Che prevede di raddoppiare i ricavi netti entro il 2030. Una società che ha chiesto alle industrie dell’indotto una riduzione dei costi del 40% (che significa proprio delocalizzazione).

Il 2024 si è aperto con un nuovo stop a Mirafiori: i lavoratori e le lavoratrici sono rientrati solo per tornare in cassa per altre tre settimane. Una cassa che dura a singhiozzo da 17 anni. La 500 elettrica non decolla? A Mirafiori servono nuovi modelli e un progetto vero. L’hub dell’economia circolare non basta nemmeno a ricollocare tutti gli attuali dipendenti, altro che nuova occupazione.

Il 24 febbraio cammineremo attorno a quei quasi 3 milioni di metri quadrati, per metà vuoti, in una simbolica marcia per il clima e per il lavoro. Chi vuole difendere il Made in Italy venga con noi a dire che Mirafiori e l’automotive italiano non meritano di spegnersi così.

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L’autonomia differenziata spacca l’Italia: ok la Lega, ma i patrioti di Meloni non si vergognano?

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