Azouz Marzouk insiste sull’innocenza di Rosa Bazzi e Olindo Romano, i coniugi condannati fino in Cassazione per la strage di Erba, per cui si discuterà l’istanza di revisione del processo il prossimo 1 marzo a Brescia. Il tunisino, marito di Raffaella Castagna e padre del piccolo Youssef, in una intervista al Tg1 ha ribadito la sua convinzione sulla estraneità dei vicini di casa della palazzina del ghiaccio a Erba: “Sicuro al 1000%”.

Stavolta però con un pizzico di prudenza in più sui presunti veri responsabili visto che lo scorso marzo è stato condannato a due anni e mezzo per diffamazione della famiglia Castagna e ha già dovuto affrontare un processo per calunnia proprio per aver accusato i due condannati di essersi auto calunniati confessando la mattanza in via Diaz 25, avvenuta tra il pomeriggio e la sera dell’11 dicembre 2006.

Quella sera a essere trucidati anche Paola Galli, la madre di Raffaella e Valeria Cherubini. A terra con uno squarcio alla gola Mario Frigerio, marito della Cherubini, unico sopravvissuto, poi testimone nel processo contro Bazzi e Romano e morto nel 2014. Marzouk – che quando era rientrato in Italia nel 2019 concedeva interviste a pagamento – ora dice che spetta alla procura stabilire cosa sia accaduto, ma dimostra di non conoscere né gli atti dell’indagine, né le sentenze di condanna che forse potrebbero quantomeno incrinare le sue certezze.

Le armi e le ferite – Alla domanda del giornalista che la scena del crimine richiamava “qualcosa di feroce, criminale anche professionale”. Marzouk risponde: “Soprattutto professionale perché tutte e cinque le vittime sono state colpite con un coltello alla gola”. Il tunisino, pur parte civile nei processi già celebrati e chiamato a Brescia nuovamente come parte civile, forse non sa completamente o non ricorda come sono state aggredite e uccise le vittime. Particolari che si possono leggere immediatamente già dal capo di imputazione contestati ai due condannati le cui confessioni “assolutamente spontanee…. impossibili da concertare nei dettagli eppure assolutamente complementari” scrissero i giudici nelle motivazioni di primo grado rappresentano “… un racconto preciso e circostanziato … un racconto pieno di particolari che poteva conoscere solo chi è stato presente sulla scena del delitto, di particolari che trovano reciproco completamento nelle due confessioni, di particolari che non sono stati smentiti da nessuna delle risultanze istruttorie, di particolari assolutamente coerenti e sovrapponibili agli esiti di tutti gli accertamenti tecnici disposti, da quelli chimici, a quelli biologici, a quelli dattiloscopici, a quelli medico-legali”.

Non furono usati solo due coltelli – uno da cucina e uno più piccolo – ma anche una spranga di ferro. Una “stanghetta di ferro” l’aveva chiamata Olindo Romano nella sua confessione del 10 gennaio 2007 spiegando che si trattava di un crick da furgoni che aveva ricoperto con della plastica. E le vittime non furono sgozzate tout court. Raffaella Castagna fu accoltellata al “volto, alla gola, al torace e all’addome” , colpita con “sei violenti colpi con la spranga” alla testa sia frontalmente che posteriormente provocando “la frattura della teca cranica e conseguenti lesioni letali a carico dell’encefalo”. La madre Paola Galli, fu colpita alla gola e all’ascella sinistra e subì “cinque violenti colpi con la spranga, che la attingevano nelle regioni cervicale, fronto-temporale ed occipitale sinistra del capo, così cagionando la frattura della teca cranica e conseguenti lesioni letali a carico dell’encefalo”.

Il piccolo Youssef fu afferrato per il braccio destro immobilizzato e gli fu squarciata la gola con due colpi da una persona mancina. Frigerio, accorso per accertarsi del fumo che proveniva dall’appartamento di sotto, fu aggredito a pugni e poi colpito alla gola. La moglie fu colpita “al volto, alla gola, al fianco sinistro, al dorso e alla coscia sinistra”, alla schiena e raggiunta da otto colpi di spranga alla testa. La donna riuscì a trascinarsi al piano superiore e morì poco dopo l’aggressione: l’autopsia dimostrò che era l’unica dei quattro morti che aveva respirato le esalazioni del fumo dell’incendio come dimostrò l’autopsia.

Il movente della lite condominiale – Marzouk ritiene che “una lite condominiale non possa portare a uccidere quattro persone”. Eppure Raffaella Castagna, chiamata “ciottolona..brutta tr.. p….” aveva denunciato di essere aggredita e una volta aveva anche chiamato le forze dell’ordine perché inseguita in macchina dai due vicini. Almeno venti le liti contate dalla stessa Rosa Bazzi. Che spiegò anche si soffrire di un mal di testa continuo a causa del rumore. Un crescendo di liti, accuse che nel corso del tempo avevano portato addirittura a una citazione in un processo previsto per il 13 dicembre 2006.

L’innesco del massacro, spiegarono i due coniugi, era stato proprio quello. “Quella sera lì, non so bene cosa sia potuto capitare come perché noi tutta la scintilla che è partita, siccome noi il 13 dovevamo avere il processo, due mesi prima o tre mesi prima ti arriva sempre la cosa … Quando ci è arrivata a casa la citazione di quello che era succeduto quel giorno sulla neve, noi che avevamo lasciato perdere e che ce ne eravamo fregati, ci siamo incazzati nel senso di dire: ‘Abbiamo ragione e questa ci cita per danni’ etc. etc… E da lì è partita l’idea, da quando è arrivata la citazione, ma non subito, forse dopo … dopo un mese perché quel mese lì eravamo andati anche in ferie. La citazione l’ho messa nel cassetto e lì è rimasta un mese, e forse anche di più di un mese, e poi nel fare qualche cosa l’ho ritirata fuori e ci è venuta in mente quella citazione lì perché ce la eravamo dimenticata… Poi è ritornata in mente la citazione ed allora io e mia moglie abbiamo detto: ‘Dobbiamo dargli una lezione a questa qui’ … Quella sera lì quando siamo usciti, io avevo il coltellino in tasca, mia moglie si è presa il coltello dal cassetto della cucina e io ho preso la stanghetta che c’era in macchina… Siamo partiti, siamo andati su e abbiamo fatto quello che abbiamo fatto”.

La vendetta e la droga – Eppure – dice il giornalista del Tg1 – quanto accaduto fa “pensare a una vendetta”. Marzouk quindi risponde che ribadisce di non c’entrarci nulla con il mondo della droga pur essendo stato arrestato. “Io non c’entro niente, i mie i famigliari… io non ho calpestato i piedi a nessuno e la prova è che sono tornato a vivere in Italia”. La contraddizione nelle sue parole appare evidente: un commando di spacciatori (?) sarebbe entrato in azione portando a termine una vendetta (?) contro una persona estranea a qualsiasi traffico. Proprio nella sentenza della Cassazione che ha confermato l’ergastolo per i coniugi si trova la conferma di questo e si legge che “gli accertamenti condotti hanno escluso che Marzouk avesse conti in sospeso con ambienti della malavita” e che “non si può ritenere fondata l’ipotesi di una vendetta della malavita organizzata contro Marzouk, laddove la malavita avrebbe usato ben altre armi per raggiungere lo stesso risultato”. Fra i testimoni che dovrebbero contribuire al riconoscimento dell’estraneità ai fatti c’è Abdi Kais diventato suo compagno di cella e che ha dichiarato che Marzouk gli disse di essere “preoccupato” per la moglie e il figlio dicendogli di tenerli d’occhio.

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