Prima ha detto che durante l’ultima consiliatura c’è stato un “deragliamento dalla funzione” assegnata dalla Costituzione al Consiglio superiore della magistratura. Poi ha corretto il tiro, negato di aver mai detto che il Csm “abbia in passato tradito il proprio mandato costituzionale”. È bufera Fabio Pinelli, il vicepresidente del Csm che oggi si è presentato in conferenza stampa per presentare la Relazione annuale sull’attività dell’organo di autogoverno dei giudici.

Riferendosi al periodo dello scandalo legato all’inchiesta su Luca Palamara, quando ci furono le dimissioni di 5 consiglieri, Pinelli ha sostenuto che “nell’ultima parte della scorsa consigliatura, il Csm aveva perso l’orientamento ” e c’era stato “un deragliamento dalla funzione sua propria” assegnatagli dalla Costituzione. Ad avviso dell’avvocato scelto dalla Lega, il Csm non deve svolgere funzioni da “terza Camera” ma tenersi nel suo ambito di “amministrazione della giurisdizione ” e su questa impostazione, di funzioni di “alta amministrazione”, “c’è una condivisione da parte di tutti i consiglieri”. I cronisti gli hanno dunque fatto notare come parlare di “deragliamento del Csm” significa attaccare direttamente il presidente dell’istituzione, che oggi come allora è Sergio Mattarella. “Non c’è nulla assolutamente da rimproverare al presidente della Repubblica“, si è giustificato subito Pinelli. Le sue affermazioni, però, avevano ormai provocato roventi polemiche. “Nel nostro Consiglio la politica non è mai entrata e non so se tutti possono dire la stessa cosa”, ha replicato David Ermini, ex parlamentare del Pd che è stato vicepresidente di Palazzo dei Marescialli prima di Pinelli.

“Abbiamo ascoltato stupefatti le parole pronunciate da Pinelli nella sua irrituale conferenza stampa. Dal vice presidente del Csm ci si aspetterebbe maggior equilibrio. Inaccettabili le critiche e le accuse rivolte a chi ha operato prima di lui in un momento storico difficilissimo, con grande senso di responsabilità. L’avvocato Pinelli ricopre un ruolo di grande rilevanza, gettare discredito sull’istituzione che rappresenta denota solo una grave mancanza di sensibilità istituzionale”, hanno scritto in una nota congiunta Debora Serracchiani, responsabile Giustizia nella segreteria nazionale del Pd, e i parlamentari dem Alfredo Bazoli e Federico Gianassi, rispettivamente capigruppo Pd nelle Commissioni Giustizia di Senato e Camera. L’ex guardasigilli Andrea Orlando ha parlato di “un altro strappo istituzionale. Mancanza di riguardo per chi in base alla Costituzione presiede quel consesso. Mancanza di stile in generale”.

Critica anche la maggioranza dei consiglieri togati del Csm (Area, Unicost e Magistratura democratica), che in una nota scrivono: “Non sappiamo su quali basi fattuali e giuridiche il vice presidente fondi le sue discutibili affermazioni. È certo che noi non le condividiamo minimamente, né in relazione alla lettura del ruolo costituzionale del Csm che esse sottendono, né in relazione al giudizio sull’operato dello scorso Consiglio, che ha dovuto affrontare gravi e delicate vicende”. La nota non firmata dagli esponenti di Magistratura Indipendente, la corrente più vicina alle posizioni politiche di Pinelli, dall’indipendente Andrea Mirenda e dai laici.

Alla fine Pinelli è stato costretto a precisare: “Non ho mai affermato che il Consiglio abbia in passato tradito il proprio mandato costituzionale, cosa che peraltro sarebbe stata impedita dall’intervento del presidente della Repubblica, che, come testualmente affermato nel corso della conferenza stampa ‘on ha mai consentito o autorizzato una funzione dell’organo che fosse diversa da quella che la Costituzione gli ha assegnatò”. Cosa sostiene di aver detto dunque il vicepresidente del Csm? “Riferendomi alla scorsa consiliatura – ha aggiunto – ho dato atto delle difficoltà da cui è stata travagliata, provocate da tentativi di interferenze esterne nel funzionamento dell’organo, che hanno condotto alle dimissioni di cinque consiglieri in carica”.

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