Via libera all’udienza per la discussione sull’istanza di revisione della sentenza con cui sono stati condannati all’ergastolo per la strage di Erba Olindo Romano e Rosa Bazzi. L’udienza si terrà il 1 marzo a Brescia sarà “dibattimentale” e “si discuterà dell’impugnazione proposta” dalla procura generale di Milano e degli imputati. Si tratta, come spiega l’avvocato Fabio Schembri, di “un processo di revisione” in cui i giudici ascolteranno le parti – accusa, difesa e parti civili – e potranno decidere come procedere ovvero se rigettare l’istanza oppure accoglierla e avviare il processo “a mezzo delle prove necessarie”. È già giudizio di revisione quindi, si tratta di vedere se è quali nuove prove ammetteranno e come andrà a finire.

Non è la prima volta che a Brescia decidono di ammettere un’istanza di revisione di un processo così importante. Nell’ottobre del 2022, per esempio, la Corte d’appello di Brescia aveva rigettato l’istanza di revisione del processo avanzata da Maurizio Tramonte, l’ex informatore dei servizi segreti condannato all’ergastolo per la Strage di piazza della Loggiadel 28 maggio 1974 in cui morirono 8 persone e ne rimasero ferite 102. Il rigetto dell’istanza di revisione era stata poi confermata dalla Cassazione.

IL CASO TARFUSSER – La scorsa estate, tra le polemiche, la procura generale di Milano aveva trasmesso gli atti per far valutare una revisione del processo avvertendo che non c’erano “i presupposti”. A essere trasmesso l’atto con cui il sostituto pg Cuno Tarfusser, per cui è stato avviato un procedimento disciplinare, aveva proposto di riaprire il processo per la strage di Erba ritenendo i due imputati innocenti. Una controversa incursione in un processo definito che aveva provocato non poche reazione. “Sono contento, è una grandissima soddisfazione professionale che mi ripaga di tutta una serie di ostacoli e angherie degli ultimi tempi. Sono contento perché vuol dire che evidentemente non ho sbagliato – sostiene oggi Tarfusser – Più leggo gli atti e più ci credo, ora tocca alla corte di Brescia. Io sono professionalmente felice”.

LA POSIZIONE DELLA PG DI MILANO – La Procuratrice generale di Milano, Francesca Nanni, aveva però depositato anche un parere ai giudici bresciani nel quale spiegava che quell’istanza di Tarfusser era inammissibile, perché veniva da un soggetto “non legittimato”, e infondata nel merito appunto perché mancavano presupposti e nuove prove decisive per una revisione del caso. Oggi la decisione della corte bresciana sulla discussione nel merito: i giudici avrebbero potuto dichiarare l’istanza manifestamente inammissibile, ma non l’hanno fatto.

Bazzi e Romano sono stati condannati in tutti e gradi di giudizio e dopo le polemiche la procura di Como aveva messo a disposizione tutte e tre le sentenze con cui i giudici, oltre ogni ragionevole dubbio, aveva ritenuto i due imputati responsabili del massacro di Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk, la madre Paola Galli, la vicina di casa Valeria Cherubini e il ferimento Mario Frigerio. Tutto avvenuto dell’11 dicembre 2006 a Erba. Fu proprio Frigerio a indicare in aula – unica sede della raccolte delle prove – a indicare l’uomo e la moglie seduti accanto nella gabbia apostrofandoli così: “Sono quei due delinquenti lì”.

LA DIFESA – Gli avvocati Fabio Schembri e Nico D’Ascola, per Olindo, e Luisa Bordeaux e Patrizia Morello, per Rosa Bazzi, puntano su nuovi testimoni e una serie corposa di consulenze alla base della richiesta di revisione della sentenza. Uno di questi, “mai sentito all’epoca dei fatti” per i difensori della coppia, è un uomo che abitava nella casa della strage, legato ad Azouz Marzouk. L’uomo aveva riferito di una faida con un gruppo rivale, nella quale anche lui fu ferito, e aveva sostenuto che la casa della strage “era la base dello spaccio che veniva effettuato nella vicina piazza del mercato e il posto dove erano depositati gli incassi”. Questa, per lui, l’origine della strage non l’odio dei coniugi. Altro testimone citato dalla difesa è “un ex carabiniere che riferisce delle indagini e delle parti mancanti del 50% dei momenti topici delle intercettazioni”.

Le consulenze sostengono l’incompatibilità con la ricostruzione fatta dai coniugi – e poi ritrattata – della strage con quella emersa dalle indagini. Un elaborato riguarda la testimonianza di Mario Frigerio, diventato principale testimone dell’accusa che riconobbe Olindo in aula. Una versione in dibattimento che, per i legali, contrasterebbe con quanto dichiarato da Frigerio nell’immediatezza, nel letto d’ospedale. Anche la ricostruzione nelle sentenze della morte della moglie di Frigerio, Valeria Cherubini, contrasterebbe con quella emersa dalle loro consulenze.

LE SENTENZE – Alla base delle condanne, secondo i giudici, ci confessioni spontanee ritenute coerenti e “ritrattate se non per scelta difensiva”, parole “riscontrate” dagli appunti che Olindo Romano aveva segnato sulla Bibbia; i particolari indicati da due coniugi che solo chi era stato sulla scena del delitto poteva sapere. Ovviamente il riconoscimento di Olindo da parte di Frigerio che ha avuto “atteggiamento sempre lineare… nonostante l’intensità di un ferreo controesame”. La traccia di sangue nella Seat Arosa dei due imputati. In secondo grado poi i magistrati avevano bocciato le piste alternative: “Fantasiose ricostruzioni e moventi non hanno trovato alcun supporto probatorio” e riconosciuto nell’odio il movente della ferocia. In 68 pagine la Cassazione aveva confermato il verdetto di secondo grado ripercorrendo tutte le prove raccolte nei gradi precedenti. Per gli ermellini quanto accaduto alle vittime non fu la conseguenza di follia ma qualcosa di riconducibile a “un meccanismo reattivo generato da sentimento di odio, grettezza, individualismo covati per lungo tempo“.

LE PARTI CIVILI – “Siamo convinti che se dovessero rifare questo processo non una, ma due, tre, sette volte, darebbe lo stesso risultato comunque. Non abbiamo – dice a LaPresse Beppe Castagna – il minimo dubbio che siano colpevoli. Non parteciperemo come parte civile se si dovesse rifare un nuovo processo, per noi la verità giudiziaria già è stata già scritta“. La notte dell’11 dicembre del 2006 perse la madre Paola Galli, la sorella Raffaella Castagna e il nipotino di due anni Youssef Marzouk. “Non è una cosa che ci stupisce dopo tutta questa campagna mediatica. Sono 18 anni che subiamo anche personalmente la veemenza della difesa, è una cosa che non ci fa nessun tipo di effetto e ci interessa anche poco”.

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