Si dimette perché non le viene concesso di partecipare alle sedute di consiglio comunale da remoto. È la decisione, a suo dire obbligata, presa da Francesca Dell’Aquila – neomamma e consigliera comunale del Pd a Monza – che ha rassegnato le dimissioni perché impossibilitata a presenziare alle sedute del comune a causa degli impegni genitoriali. Dell’Aquila aveva precedentemente tentato di introdurre la possibilità di partecipare a distanza, come già accade in tanti settori lavorativi e anche in altri comuni e regioni, senza tuttavia riuscirci: “Ho partorito a settembre e durante la gravidanza ho proposto al mio gruppo consigliare una revisione del regolamento“, ha spiegato Dell’Aquila, ma le tempistiche preventivate erano di oltre un anno.

Dell’Aquila, ha spiegato, voleva che “consigliere donne in gravidanza prima e mamme e papà dopo la nascita del bambino, potessero assolvere al proprio impegno pubblico a distanza“. E per questo aveva richiesto l’introduzione di regole e permessi per la partecipazione da remoto. Ma nonostante il riscontro fosse stato positivo, ha spiegato, le tempistiche previste l’hanno portata a dimettersi: “Mi è stato detto che sarebbe stato possibile nell’ambito di una revisione complessiva del regolamento, quindi tra circa un anno”. “Lasciare un posto vuoto per mesi in aula non sarebbe stato moralmente corretto nei confronti del mio impegno e di chi mi ha eletta”. Le dimissioni, ha concluso “sono state una mia scelta, ma obbligata, mi sarei aspettata una reazione più rapida per rompere quei vecchi schemi che tengono la società ingessata sulla pelle delle donne e dei bambini come accaduto per esempio con un ordine del giorno, a Genova e a Torino”.

“Non è stato possibile ragionare sulla vicenda perché non è stato presentato alcun ordine del giorno, la risposta forse potrebbe darla il capogruppo del partito, mi dispiace moltissimo che la consigliera dell’Aquila si sia dimessa, ma dire che sia stata costretta non è corretto” ha affermato la presidente del Consiglio comunale di Monza Cherubina Bertola. “Non ritengo corretto dire che sia stata costretta, rispetto a tutti quei consiglieri che hanno garantito il normale svolgimento del consiglio nonostante tutto, anche perché mi era stato chiesto se fosse possibile allestire un’auletta per l’allattamento, e ho risposto di sì, ma poi la richiesta non è arrivata”. Il Comune di Monza, ha spiegato la presidente, “ha utilizzato delle tecnologie artigianali in tempo di Covid, c’era una necessità specifica, ma ad oggi non supporterebbe ancora la partecipazione da remoto”. “Credo inoltre che ridurre il ruolo del consigliere comunale alle sole sedute di consiglio sia svilente, serve che si stia sul territorio, pronti all’ascolto dei cittadini, non solo in relazione alla maternità ma anche ad altri impegni, che vanno tenuti in considerazione”, ha concluso.

“Non è accettabile quello che è avvenuto nel Consiglio comunale di Monza” ha dichiarato invece la vicepresidente nazionale del Pd e presidente del Consiglio regionale della Puglia, Loredana Capone, commentando la vicenda. “È arrivato il momento che tutte le assise pubbliche adeguino i loro regolamenti per permettere di conciliare la maternità agli impegni istituzionali. E questo deve avvenire con tempi celeri e procedure semplificate. Deve diventare un diritto acquisito e non una concessione”.

“Nessuno deve essere costretto a scegliere tra il suo ruolo di genitore e lo svolgimento del suo lavoro pubblico o privato perché non ci sono le condizioni per poter conciliare, specie oggi, che come si è visto le tecnologie aiutano a lavorare accorciando le distanze”, ha aggiunto Capone. “L’alibi di regolamenti vetusti rischia di cancellare anni di battaglia per la parità di genere. Non solo, ma mostra anche una reticenza intollerabile rispetto al cambiamento di modelli organizzativi funzionali a rendere chi vuole avere una famiglia, le donne in primis, ma anche gli uomini che vogliano dedicarsi al ruolo genitoriale, protagonisti di una nuova cultura meno maschilista“. In Puglia il Consiglio regionale ha approvato una legge che consente il collegamento da remoto in caso di gravidanza a rischio e per l’allattamento per entrambi i genitori.

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