Cultura

Parco dell’arte di Milano, un museo all’Idroscalo. Il direttore denuncia: “Dimenticato dalle istituzioni, condannato all’oblio. Opere a rischio”

di Francesca Fulghesu

Dal 2013 all’idroscalo di Milano esiste un museo di scultura a cielo aperto, pubblico e permanente. Il “Parco dell’Arte”. Un museo che ospita opere di Alik Cavaliere, Luciano Minguzzi, Giacomo Manzù, Enrico Baj e altri. E che si propone di riqualificare la zona e creare un dialogo simbiotico tra arte e natura. Ma che, ha raccontato a Ilfattoquotidiano.it il suo co-fondatore e direttore, Ugo Maria Macola, presidente di OverArt, è stato completamente abbandonato dalle istituzioni. Condannandolo all’oblio e all’ammaloramento.

“All’inaugurazione è venuto anche Giuseppe Sala, in quanto sindaco della Città metropolitana di Milano, proprietaria dell’Idroscalo. L’ho fotografato io stesso. Ma poi è sparito. Tutte le volte che io gli ho parlato ha sottolineato il fatto che l’idroscalo non è Comune di Milano. Ho cercato anche di avere appuntamenti con Tommaso Sacchi, assessore alla Cultura, ma sono stati promessi e mai fissati”, racconta Macola. Che accusa: “Sala è stato obbligato a diventare sindaco della città metropolitana, ma non gli interessa, a lui interessa solo il comune, perché gli elettori sono del Comune di Milano e basta” (l’idroscalo fa parte del comune di Segrate e di Peschiera Borromeo, ndr). Macola racconta che il Parco dell’Arte, fondato insieme a Cesare Cadeo, giornalista e politico, esiste (e resiste) solo grazie al sostegno di Fondazione Cariplo e dell’Accademia di Belle Arti di Brera, con cui OverArt nel 2017 ha ideato e avviato anche il Museo dei Giovani Artisti, che finanzia i progetti ed espone le opere di alcuni studiosi dell’Accademia, sempre all’Idroscalo.

Le opere esposte – sia quelle degli artisti famosi, sia quelle degli scultori emergenti – sono cedute dagli autori (e proprietari) in comodato d’uso, ma la Città metropolitana di Milano – denuncia Macola – rifiuta di intestarsi i contratti e garantire un’assicurazione alle opere. Che così rischiano di venire distrutte – come è capitato a una scultura di Marco Lodola, abbattuta dalle tempeste della scorsa estate – o danneggiate, e senza che vi siano fondi sufficienti all’eventuale restauro. “La città metropolitana non vuole più firmare i comodati d’uso. Pretendono che sia OverArt, l’associazione di cui sono presidente, a intestarsele”, racconta. “Ma intestarsi un comodato d’uso significa anche rispondere delle responsabilità civili: se un bambino si arrampica e si fa male, chi deve rispondere? Le istituzioni se ne lavano le mani, e l’Idroscalo non può garantire alcuna tutela. Non ci sono nemmeno le telecamere di sicurezza”. E così le opere d’arte corrono il rischio di manomissioni e furti, come accaduto a un’opera del Museo dei Giovani Artisti, rubata perché in rame. Furto per il quale nessuno ha risposto. “Prima era la città metropolitana a stipulare i comodati d’uso e quindi a rispondere per le responsabilità civili, ora non più. Loro hanno un’assicurazione che abbiamo studiato, anche con l’aiuto di un legale: abbiamo chiesto quantomeno che anche OverArt sia coperta da quest’assicurazione della città metropolitana, per garantirci e coprirci dalle responsabilità civili. Anche perché la città metropolitana non tira fuori un euro”.

Il disinteresse totale delle istituzioni denunciato da Macola porta non solo allo stato di abbandono delle opere già esposte, ma anche all’impossibilità di far crescere il progetto, che potrebbe diventare, dice il co-fondatore, “uno dei più bei musei d’Europa”. “Ho contattato la regione perché devo esporre un’opera del progetto del Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto: avevamo bisogno di 2000 piante di artemisia e di 70 mq di spazio. Un progetto importante, che avrebbe attirato appassionati e turismo. È venuto Gianluca Comazzi – Assessore al Territorio e Sistemi verdi per la Regione Lombardia – con un fotografo. Ha fatto tante promesse. Tutte mai realizzate. Forse ci sono delle lotte politiche per cui la Regione non ha interesse a investire in qualcosa che fa parte della Città metropolitana finché c’è l’attuale giunta? Non lo so”.

E così un progetto all’avanguardia di rivalutazione ambientale e promozione artistica rischia di morire. Nel disinteresse generale. “C’era un comitato scientifico – di persone anche importanti, curatori, professori – ma se ne sono andati perché non veniva garantito loro nessun guadagno. È tutto sulle mie spalle, decido tutto io, con il solo supporto del professor Stefano Pizzi – Ordinario di Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera – e degli amici dell’Accademia”. “Al comune interessa solo il centro di Milano, tutto ciò che è “in periferia” non interessa. Solo Cariplo e Brera sostengono il progetto, ma il rischio è che si perda tutto, non potendoci più permettere nemmeno l’arrivo di nuove opere, che pure ci sarebbero, come appunto quella di Pistoletto”. E così anche gli artisti e i collaboratori già coinvolti ora pensano di togliere le opere: “L’abbandono è così grande che chi dona le opere non ha più ritorno di visibilità e vuole ritirarle. Nicola Loi, fondatore dello Studio Copernico, ora vuole togliere le sculture della sua collezione, lì da dieci anni”.

In una città che appena tre mesi fa pubblicava un bando destinato ai giovani artisti per realizzare “manufatti artistici dagli alberi caduti a luglio” e “stimolare la riflessione sul cambiamento climatico, promuovendo arte e creatività”, viene dimenticato – ed è questa la denuncia di Macola, che dal salotto della sua casa si commuove raccontandoci le difficoltà di non far estinguere il progetto – una realtà che pone al centro proprio il dialogo tra l’arte contemporanea e la natura, e che con opere di artisti di fama internazionale valorizza il “mare dei milanesi”. Un mare di periferia, e per questo, secondo Macola, dimenticato da tutte e tutti.

“Abbiamo un obiettivo ambizioso” – scrive Giuseppe Sala nel volume dedicato al Museo – “fare dell’Idroscalo il primo giardino pubblico di scultura in Italia”. Ma secondo il fondatore e la consigliera, il coinvolgimento del sindaco è rimasto sulla carta. E dall’inizio del progetto, raccontano, la città metropolitana non ha mai finanziato e promosso nessuna delle iniziative, neanche scolastiche o universitarie. Nonostante il coinvolgimento attivo dell’Accademia di Brera. Livia Pomodoro, ex presidente dell’Accademia, credeva fermamente nel progetto, e aveva parlato, riferendosi ai musei, di “futuro punto di riferimento nel sistema dell’arte contemporanea e tappa obbligata per i flussi turistici”. Tuttavia affinché gli auspici e le convinzioni di Pomodoro – e di Pizzi, Macola, Cadeo e i tanti che hanno investito tempo e risorse nella realizzazione dei musei – non rimangano, appunto, solo auspici e convinzioni, è necessario che tale realtà sia conosciuta, promossa, valorizzata. Che ci siano indicazioni, tutele. E che Milano, in definitiva, se ne occupi. “Il mio appello principale non è avere soldi, il mio appello è che venga accettata e riconosciuta come realtà di Milano, e quindi sostenuta e seguita. Noi portiamo anche le scuole lì, ma senza le delibere delle istituzioni pubbliche è tutto lento e faticoso. Vorrei che i milanesi sapessero che esiste e potessero apprezzarla”.

Contattato dal Fatto, Tommaso Sacchi ha spiegato di non essere tenuto a occuparsi del museo, perché il Parco dell’arte e tutto l’idroscalo non sono di competenza dell’assessore alla Cultura di Milano: “Il museo all’idroscalo è di pertinenza della città metropolitana”, e quindi non del Comune, afferma. Ma nella città metropolitana non esiste un corrispettivo dell’assessore alla cultura, e così l’arte fuori dai confini del comune rischia di finire in un buco nero di cui nessuno risponde. “Dal punto di vista burocratico è vero, non è Comune di Milano. Ma il sindaco della città metropolitana è sempre Sala, per cui chiediamo a Sacchi di interessarsene e collaborare”, racconta Stefania Bonacorsi, consigliera del Municipio 1 di Milano. “Lo avevo chiesto anche al precedente assessore alla cultura, Filippo Del Corno: riconoscere come patrimonio della cultura milanese anche ciò che è in periferia”, spiega. E aggiunge: “Può essere compito solo di Sacchi segnalarne l’esistenza, proprio come si segnalano i musei del centro, inserendo il Parco dell’arte in un circuito turistico di promozione”.

La foto è di Cosmo Laera e rappresenta la scultura di Carlo Ramous “Continuità”

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