La procura di Ravenna ha aperto un fascicolo per disastro ferroviario dopo lo scontro di due treni domenica 10 dicembre sulla linea Rimini-Bologna, nei pressi di Faenza. Il treno Frecciarossa, proveniente da Lecce e diretto a Venezia Santa Lucia, ha tamponato in retromarcia un regionale Rock, fermo al segnale di arresto. L’incidente ha provocato 17 feriti. Quanto accaduto sembra inverosimile. Normalmente i treni che percorrono la stessa direzione sono “distanziati” di almeno 1 km l’uno dall’altro. Un sistema, denominato “blocco” di distanziamento, funziona da protezione anti tamponamento. La distanza di sicurezza è garantita attraverso un sistema semaforico: il verde indica che è possibile avanzare, il giallo che si può avanzare, ma il prossimo segnale potrebbe essere disposto a via impedita, con il rosso, segnale imperativo di arresto.

Le poche notizie trapelate sulla stampa hanno messo in evidenza la presenza sullo stesso binario di un treno Frecciarossa Alta Velocità e di uno regionale Rock. Il fatto che a bordo ci fosse l’amministratore delegato di RFI, Gianpiero Strisciuglio, fa pensare che le norme sulla circolazione dei treni siano state osservate a maggior ragione dal personale. Ogni giorno sono un centinaio i convogli che sfrecciano uno dopo l’altro nella stessa direzione su questa linea, Frecce, Regionali, Intercity e treni merci. Non è una situazione casuale, la norma quotidiana. La linea ferroviaria Bologna-Rimini è utilizzata in maniera promiscua, dai treni ad Alta Velocità – come il Frecciarossa (nel tratto Rimini-Bologna non esiste una “linea veloce” ovvero una tratta con binari e tecnologie per il transito esclusivo dei treni alta velocità), come la Torino-Milano- Brescia o Milano-Bologna-Roma Napoli. I servizi dei treni Frecciarossa, tuttavia, sono abilitati anche per percorrere le linee tradizionali (con la stessa velocità massima consentita agli altri treni intorno ai 160/180 km/h e gli stessi sistemi di sicurezza adottati per i tratti storici.

Alla luce delle poche informazioni trapelate sulla meccanica dell’incidente, c’è da capire come mai il treno ad alta velocità abbia dovuto retrocedere, soprattutto per centinaia di metri, raggiungendo così il treno regionale fermo al segnale. Normalmente, ammesso che si possa superare il segnale rosso, il DCO Dirigente centrale Operativo dà il “nulla osta” per proseguire con “la marcia a vista” fino al prossimo segnale, per poi ripristinare la regolarità della circolazione e i relativi distanziamenti dei treni. Solo in casi di emergenza, come la linea colpita da una frana o da un guasto irreparabile, si utilizza la retrocessione; anche in questo caso però, c’è bisogno del “nulla osta” del DCO.

Vedremo cosa diranno le scatole nere. Resta un mistero che, con la coda del treno impresenziata da un ferroviere, sia potuto retrocedere alla cieca un treno lungo quasi 200 metri con a bordo centinaia di passeggeri. L’ipotesi di un dislivello, che avrebbe mosso il treno all’indietro, non sembra credibile. Resta la lontana – gravissima – ipotesi di un guasto ai freni.

Nello spazio di pochi anni siamo al terzo grave incidente ferroviario dopo quello di Brandizzo, di Corigliano-Rossano. Ora è la volta di Faenza. Difettosa manutenzione alla rete e al materiale rotabile, scarsa e non continua professionalizzazione degli addetti sono una spia che dovrebbe accendersi nei vertici del Gruppo FS. Sono invece impegnati, nonostante la netta riduzione dei passeggeri e delle merci trasportate, in nuovi investimenti finanziati con il Pnrr. Prima andrebbero assicurate la funzionalità e la sicurezza della rete esistente.

Lascia anche perplessi che in questa situazione si punti con tanta enfasi esclusivamente sull’alta velocità in Spagna in Francia e in Grecia che le Frecce italiane siano in circolazione sulla rete tradizionale come la Bologna Lecce, la Salerno-Reggio-Calabria o la Milano Genova-Pisa-Roma. Si tratta di treni con elevate prestazioni sottoutilizzate.

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