Attualità

54 anni fa la Strage di Piazza Fontana: un sanguinoso fil rouge unisce i 5 attacchi del 12 dicembre

Cinque istruttorie (divise tra Milano, Treviso, Padova, Roma e Catanzaro), otto processi, senza contare i pronunciamenti della Suprema Corte sulla vicenda di piazza Fontana che hanno prodotto un numero di documenti (milioni di fogli) che è impossibile da quantificar

di Alessandra De Vita

La vicenda giudiziaria

Ma vediamo le sentenze più importanti di ogni grado di giudizio. Il 23 febbraio 1979 la Corte d’Assise di Catanzaro condanna all’ergastolo Guido Giannettini, un informatore del Sid, vicino a Franco Freda e Giovanni Ventura, per associazione sovversiva e per strage continuata; Pietro Valpreda e Mario Merlino, insieme ad altri tre imputati, alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione per associazione sovversiva. La Corte d’Assise d’appello di Catanzaro, il 20 marzo 1981, assolve per la strage Franco Freda, Giovanni Ventura e Guido Giannettini, ma condanna i primi due a quindici anni per associazione sovversiva; stesso esito per Pietro Valpreda e Mario Merlino. Assolve Maletti e Labruna per falso materiale in atto pubblico e concorso in falsità ideologica, ma li condanna per concorso in favoreggiamento personale di Guido Giannettini, assolto nella stessa sentenza…). Guido Giannettini era partito per la Francia, almeno un mese prima che il suo nome venisse fuori durante un interrogatorio, dopo aver deciso con il Servizio che avrebbe continuato a fornire informazioni dall’estero. Poi raggiunge la Spagna dove viene arrestato. Dalle dichiarazioni dei legali dei due ufficiali: “Il Generale Maletti ed il Capitano Labruna, Ufficiali dal passato prestigioso, non avrebbero avuto alcun valido motivo per fare espatriare Giannettini, il quale, al momento della sua partenza per la Francia, non era neppure indiziato di reità, ed era quindi libero di allontanarsi dal territorio nazionale senza bisogno di essere aiutato dal Servizio”.

La Corte d’Assise d’Appello di Bari, giudice del rinvio da parte della Corte di Cassazione, il primo agosto 1985 mette un punto definitivo su ognuno dei sette imputati, assolti tutti come confermato in toto dalla Corte di Cassazione nel 1987, per non aver commesso la strage di Piazza Fontana. La vicenda giudiziaria ha dell’incredibile: l’insieme di tutti procedimenti giudiziari provenienti da Treviso, Venezia, Padova, Roma, Milano e Catanzaro che conduce le varie Corti a pronunciarsi su venticinque attentati (uno anche su Torino) su una cinquantina tra indagati e imputati, in oltre vent’anni di iter porta solo alla condanna minima di due ufficiali per un reato formale. A tal proposito, nelle pagine del suo “Osservatore Politico” Mino Pecorelli, scrisse il 14 dicembre 1977: “Convocato dalla Corte di Catanzaro stavolta toccherà al Capitano Labruna riprestarsi agli obbiettivi dei fotografi a al fuoco incrociato degli opposti collegi di difesa. Si dice che vogliano interrogarlo in merito alla paternità di certe firme (presumibilmente false) apposte in calce di certi passaporti. Non si sbalordisca troppo l’intrepido Capitano, oggi va così questo Paese. Lui poi ha ricevuto un aiuto inaspettato. Ormai anche il Ministro agli Interni del Pci ha pubblicamente riconosciuto che i servizi segreti non sono tenuti a rispettare la legge nei suoi aspetti formali. Al riguardo la giustizia non ha altri diritti da accampare altrimenti il processo di Catanzaro non sarebbe più la ricerca della verità sulla strage di piazza Fontana, bensì la caccia alle spie e l’invito alla delazione. E al KGB non resterebbe che comprare il Giornale”.

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