I tagli per i servizi alla disabilità sono sempre dietro l’angolo. Se da un lato si grida alla vera inclusione, poi dall’altro si fa davvero di tutto per eluderla e discriminare anche firmando atti ufficiali.

Gli uffici di uno dei più grandi municipi di Roma hanno comunicato riduzioni delle ore per 495 bambini a partire da questo mese di ottobre.

La prima domanda è come sia possibile che i fondi su una sola città non arrivino solo ad un municipio o ad alcuni di essi. Siamo in Europa e poi non riusciamo ad essere omogenei sui servizi agli alunni disabili della medesima città? Già solo questo andrebbe indagato e capito. Quella degli operatori scolastici è una problematica ciclica, che potrebbe coinvolgere anche altri territori di Roma, anche se ad oggi la comunicazione dei tagli è stata fatta solo su un quartiere di Roma nord.

Non bastano le voragini sulle competenze, le diatribe sulle ore, le inefficienze sulle coperture, lo scarico dei barili sulla disabilità motoria e la gestione di alunni in sedia a rotelle completamente non autosufficienti. Non basta il grandissimo dilemma e il mare di problemi che scaturiscono sull’igiene a scuola, sulla necessità del cambio e del bagno per alunni che non possono avere neanche minime autonomie. Ci voleva un bel taglio del già scarso servizio per intere categorie di destinatari.

Noi genitori dobbiamo essere temprati a sentir parlare dei bisogni fisiologici di figli grandi in carrozzina come fosse il limbo, dove il dirigente Caronte traghetta le nostre istanze e i puntuali problemi, rifiuti, eccezioni perché gli operatori non bastano, le ore non bastano, il personale non basta. Cosa vogliamo fare se non tagliare un po’ di più? Le guerriglie politiche spesso strumentali rispetto alle esigenze reali, il braccio di ferro tra fazioni e movimenti, partiti e comitati rappresentano scontri e difese che a mio avviso non dovrebbero esistere su certi temi.

I diritti degli alunni disabili non dovrebbero più essere messi in discussione, perché non fornire assistenza ad un disabile che da solo non può bere, che da solo può farsi male o farne al prossimo, che non può recarsi in bagno, che non può esprimersi liberamente non è un togliere ore di baby sitter, ma violare il diritto umano fondamentale della dignità individuale. Lasciare un alunno senza gli strumenti necessari alla sua inclusione a scuola e nel contesto sociale è infliggere una pena pesantissima ad un innocente che paga i costi di un sistema fallendo.

Una riduzione drastica di cui ora sono al corrente tutti, anche in Campidoglio. Le consulte disabili di Regione e Comune, oltre a quelle municipali, hanno diffuso una nota molto dura: “Per far fronte alla mancanza di risorse dedicate – attaccano – si prevede una riduzione standardizzata delle ore, senza adeguata motivazione rispetto alle singole tipologie di disabilità. Siamo fermamente contrarie a tale ipotesi, che andrebbe a nuocere pesantemente sui diritti dei bambini a cui la vita ha già tolto molto. I principi e i diritti sanciti dalla delibera dell’assemblea capitolina n. 20 del 2022 che regolamenta il servizio Oepac non possono essere disattesi, perché sono a tutela di tutti i bambini con disabilità. Esprimiamo preliminarmente piena contrarietà a qualsiasi ipotesi di modifica”. Ma sono e restano parole che non hanno garantito un diritto essenziale.

Se in Italia si assegnasse un budget alle famiglie che potessero selezionare e assumere un operatore alla persona, formato e qualificato sui bisogni educativi specifici, non avremmo più questo problema, perché sarebbero abbattuti tutti i costi fantasma delle cooperative che non sono quasi mai in grado di soddisfare la richiesta e che hanno costi al doppio di quelli reali dell’operatore destinato. Un potenziamento del servizio sociale, un organo di controllo e rendiconto, un albo professionale riconosciuto con tabelle di salari più alti e confacenti alle qualifiche richieste sarebbero la soluzione.

Non dimentichiamo le paghe vergognose degli Oepac, non dimentichiamo i pagamenti tardivi e l’abuso della configurazione giuridica della cooperativa che negli ultimi anni mischia e confonde le garanzie di base che un rapporto di lavoro deve avere e non garantisce i lavoratori. Il problema è molto più profondo. Non basta mettere soldi a pioggia e poi aspettare che finiscano perché mal spesi per tagliare un servizio essenziale. Le risorse vanno gestite in linea con le esigenze.

Esiste ancora la sola classificazione di alunno con disabilità. Nessuno tiene mai conto delle esigenze individuali totalmente diverse tra le varie patologie, che sono tantissime. E’ necessario aggiornare le competenze, garantire il diritto di scelta all’utente, incentivare la formazione, promuovere e sviluppare la crescita delle competenze perché non vogliamo un signor pinco pallino che copre tante ore. Gli alunni hanno diritto ad avere figure formate sulle specifiche necessità. Basta ascoltare lagnanze sul bagno sul bere sul mangiare su chi deve spingere la sedia su chi sale in ascensore. Basta parlare di tagli sui diritti. Qui non si tagliano fondi. Qui si tagliano diritti. Ed è ben più grave.

Rischio scongiurato? Non basta risolvere su un territorio, perché da ogni dove arrivano segnalazioni di questo tipo. Il diritto allo studio e il diritto alla convivenza sociale non devono essere oggetto di discussione; o asteniamoci dal voler parlare di inclusione scolastica se ancora l’alunno disabile deve vivere il disagio di rimanere a casa per l’occupazione che vuole difendere diritti ignoti e nel mentre viola i diritti dei compagni di classe disabili, o la gita inaccessibile, o la supplenza mancata, o le ore carenti, o gli ausili non acquistati e non richiesti.

Basta con le belle parole. Facciamo i fatti, perché se ognuno di noi credesse davvero nel diritto della civile sussidiarietà non avremmo bisogno di delibere. Dovrebbe essere mera logica garantire l’istruzione a tutti.

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