Può il socio pubblico, controllato dal ministero dell’Economia, di una società strategica come l’ex Ilva di Taranto essere all’oscuro di un accordo firmato tra il governo e il socio privato della stessa azienda? E non essere nemmeno a conoscenza dei conti, sempre più disastrosi tanto da far temere per la continuità aziendale? Eppure è esattamente quanto avvenuto – almeno negli ultimi 40 giorni – dentro Acciaierie d’Italia, la holding che controlla il gruppo siderurgico partecipata da Invitalia (38%) e ArcelorMittal (62%). Lo si capisce leggendo la lettera che l’amministratore delegato di Invitalia, Bernardo Mattarella, ha inviato al presidente di AdI Franco Bernabè, all’amministratrice delegata dello stesso gruppo Lucia Morselli, nonché alla stessa società e ad ArcelorMittal.

Il governo si accorda con i privati – Nelle quattro pagine fitte di lamentele nei confronti della governance di Acciaierie d’Italia si scopre “come solo il data 16 ottobre si è potuto avere formale notizia e conoscenza da parte del Consiglio di amministrazione” della “sottoscrizione di un Memorandum of Understanding” avvenuta lo scorso “11 settembre senza che ne fosse stata data alcuna comunicazione e preventiva informazione al Consiglio di amministrazione della holding capogruppo”, scrive Mattarella. “D’altra parte, lo stesso rappresentante del socio privato, in occasione delle riunioni consiliari del 21 settembre e del 16 ottobre non ha fornito alcun dettaglio in proposito pur essendo stato personalmente firmatario del medesimo MoU”. Di quell’accordo ne aveva dato notizia nelle scorse settimane Affari&Finanza: varrebbe 5 miliardi di euro per l’ennesimo tentativo di rilancio dell’acciaieria. A firmarlo sono stati il ministro per gli Affari Europei Raffaele Fitto e ArcelorMittal, che dentro Acciaierie d’Italia è rappresentata dall’ad Lucia Morselli.

“Documenti non disponibili” – Quindi il governo e il socio privato trattano, si accordano e il socio pubblico non ne è a conoscenza. Ma non è finita. Mattarella sottolinea anche che “si è potuto constatare che sarebbero stati redatti e consegnati documenti programmatici citati nel Memorandum senza che gli stessi, ancora una volta, fossero messi a disposizione o precedentemente comunicati e condivisi con il Consiglio di amministrazione della holding e con Invitalia, nella sua qualità di socio pubblico chiamato a contribuire allo sviluppo della società”. Diventano così lampanti i retroscena che da anni vedono il presidente Bernabè, espressione di Invitalia nel cda di Acciaierie d’Italia, ai ferri corti con l’ad Morselli che agirebbe indisturbata nella gestione della società. E sorprendono di meno le parole che lo stesso Bernabè ha espresso la scorsa settimana in commissione Attività produttive spiegando di aver dato le dimissioni rimettendo il proprio mandato nelle mani del governo. Ciò che è quantomeno inusuale è però proprio il comportamento del ministro Fitto: prima ha esautorato dal dossier il ministro delle Imprese Adolfo Urso, quindi avrebbe instaurato un dialogo direttamente con il socio privato senza informare Invitalia, controllata dal ministero dell’Economia.

I sindacati e il Pd: “Il governo ha mentito” – “Un fatto di gravità enorme” per i segretari di Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm. I leader delle sigle metalmeccaniche sottolineano come all’incontro del 27 settembre scorso a Palazzo Chigi “i quattro ministri ci hanno mentito quando hanno negato” che esistesse un memorandum già sottoscritto. Pur non trattandosi di un accordo definitivo – scrivono i leader Michele De Palma, Roberto Benaglia e Rocco Palombella – “è comunque grave il fatto che non siamo stati informati, nonostante la nostra esplicita richiesta”. Critiche anche dal Pd, che aveva presentato un’interrogazione sul memorandum: “A questo punto vorremo sapere cosa ne pensano i ministri competenti per materia e sempre più silenti, Giorgetti all’Economia e Urso alle Imprese – scrive il presidente dei senatori dem Francesco Boccia – Oggi abbiamo la conferma che il governo non solo ha mentito su Ilva, ma che a tavolino ha deciso di uccidere qualsiasi speranza di sviluppo e ripresa dell’impianto di Taranto”.

Mattarella: “Contratto non rispettato” – Ma le richieste di documentazione da parte di Invitalia non finiscono al documento di intesa tra governo e ArcelorMittal. La lettera lascia trasparire il disappunto e la frustrazione di Mattarella per la scarsa considerazione del board nei confronti di un socio decisivo per sostenere le casse esangui dell’ex Ilva. Nelle pagine si parla di “grave difetto di disponibilità e collaborazione” e di “ancor più grave mancata conformità alle pattuizioni contrattuali”. Invitalia lamenta di aver ricevuto solo risposte “parziali” a precedenti richieste di chiarimenti. Riguardo al finanziamento in conto soci dello scorso 14 febbraio, Mattarella ricorda che Acciaierie d’Italia ha “omesso di fornire” le informazioni “utili” per la “corretta valutazione”. Non solo: “Non è stato fornito un aggiornamento sui piani di produzione di acciaio e, in particolare, su quale sarebbe l’entità della liquidità necessaria per fare fronte all’indicato impegno di 4 milioni di tonnellate di acciaio”. Un obiettivo annuale che sarà totalmente mancato, con la produzione sotto ai 3 milioni di tonnellate.

I debiti non pagati (di nuovo) a Eni – Parlando di “delicata situazione” in atto, Invitalia invita a formire “almeno” una “situazione economico-patrimoniale e finanziaria aggiornata” che attesti la “insussistenza di segnali di crisi”. Una richiesta “rimasta inevasa”. Tra le righe spunta anche il sollecito di pagamento da parte di Eni della “sesta rata del piano di rientro”, seguito dell’accordo transattivo del luglio 2022, a saldo del debito maturato per le forniture di gas che al 30 giugno dello scorso anno ammontava a 285 milioni di euro e per il quale l’ex Ilva aveva chiesto una dilazione dei pagamenti. “L’omesso versamento – è la lamentela di Invitalia – rischia di compromettere in modo irreparabile sia i rapporti con tale fornitore, sia la continuità aziendale con conseguente eventuale configurabilità di precise responsabilità”. La società del Mef ha inoltre chiesto di conoscere “le specifiche azioni che saranno intraprese per “evitare ulteriori ritardi nei pagamenti in scadenza” anche per “scongiurare il rischio di escussione delle garanzie societarie” rilasciate da ArcelorMittal e Invitalia.

“Soldi solo con prospettive industriali” – L’ultimo segnale di una situazione finanziaria gravissima, già resa nota da Bernabè negli scorsi giorni quando aveva annunciato che Acciaierie d’Italia in questo momento non è neanche in grado di pagare la caparra di 90 milioni di euro per la nuova fornitura. “Vogliate chiarire se sia effettivamente tuttora necessario e sufficiente un ulteriore sostegno finanziario, da parte dei soci, di 320 milioni di euro e come tale somma sia stata calcolata, fornendo specifiche indicazioni sulle prospettive di continuità aziendale per un congruo periodo”, avvisa Mattarella sollecitando “per l’ennesima volta” l’invio di un documento “completo e aggiornato” della “situazione finanziaria e di cassa, attuale e prospettica” della società. Come sta davvero l’ex Ilva? Adesso è chiaro che allo Stato vengono chiesti i soldi, ma tenendolo all’oscuro di accordi e conti.

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