Con cartelli, balli e maschere le attiviste della casa delle donne Lucha y Siesta” hanno protestato per chiedere alla Regione Lazio, guidata da Francesco Rocca, di fare dietro front sulla decisione di mettere a bando lo stabile. “Sono 15 anni ormai che conduciamo una battaglia per il nostro riconoscimento – ha spiegato Simona Ammerata, operatrice del centro antiviolenza romano. La struttura infatti, in precedenza di proprietà di Atac, la municipalizzata del comune di Roma, è stata comprata nel 2021 dalla giunta regionale precedente a guida Zingaretti, proprio in seguito a una mobilitazione delle attiviste che chiedevano di salvare l’esperienza del presidio antiviolenza occupato nel 2008.
“La situazione del fenomeno sulla violenza contro le donne è molto grave – ha dichiarato Francesca De Masi, vice presidente della cooperativa BeFree, in prima linea contro la violenza di genere e la tratta di esseri umani – mancano all’appello nove decimi dei posti in accoglienza che il Consiglio d’Europa prevede per le donne sopravvissute a violenza domestica. Ad esempio Roma, con i suoi 4 milioni di abitanti, dovrebbe avere circa 400 posti, in realtà ce ne sono 40, massimo 50. Lucha y Siesta copre, in questo deserto, 14 posti in accoglienza” Ma la casa delle donne romana è molto di più, dicono le attiviste: “Noi facciamo contrasto alla violenza di genere in maniera ampia – ha raccontato Mara Bevilacqua, attivista della struttura – da 15 anni tutte le estati facciamo un cineforum gratuito che dura due mesi, facciamo corsi di vario tipo, di lingua, di ginnastica, per bambini e per adulti. Facciamo prevenzione nelle scuole e formazione alle forze dell’ordine e alle istituzioni”
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