C’era la camorra nella spartizione degli appalti del Comune di Caivano, la città diventata simbolo del degrado per le violenze sessuali di branco contro due bambine e i blitz per smantellare le piazze di spaccio del Parco Verde. Secondo le indagini, i clan pretendevano una tangente su ogni affidamento di lavori pubblici. “Un sistema”, si legge a pagina 20 del decreto di fermo emesso dai pm della Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Infiltrato nell’amministrazione attraverso alcuni esponenti di Italia viva, partito di maggioranza nella giunta di centrosinistra guidata dal sindaco Vincenzo Falco (estraneo all’inchiesta), caduta il 3 agosto e commissariata per crisi politica. Tra i nove fermati ci sono il segretario cittadino di Iv Armando Falco, l’ex assessore ai Lavori pubblici Carmine Peluso e l’ex consigliere del partito renziano Giovanbattista Alibrico, oltre al capo dell’ufficio tecnico Vincenzo Zampella. Tra le accuse contestate a vario titolo c’è l’associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata all’estorsione e alla commissione di reati contro la pubblica amministrazione, tra cui la turbativa d’asta e la corruzione.

Nelle motivazioni del provvedimento d’urgenza – che riporta ipotesi di reato fino ad agosto scorso – si leggono alcune considerazioni severe sui politici di Iv: “Per tali soggetti non può affievolirsi il pericolo di reiterazione dei reati solo per la formale dimissione dalla loro carica, dati anche i collegamenti tanto con imprenditori quanto con gli altri esponenti del sodalizio. Tale pericolo di reiterazione sussiste tanto più in quanto non può affatto escludersi una loro possibile ricandidatura alle prossime elezioni comunali. Analoghe considerazioni riguardano anche Armando Falco, oltre tutto anche attualmente esponente politico di vertice, in quanto segretario del partito “Italia viva” sede di Caivano (…) che può ancora strumentalizzare la carica politica per perseverare nell’attività delittuosa”. Secondo le accuse mosse dai pm della Dda (Rosa Volpe, Francesca De Renzis, Giorgia De Ponte e Anna Frasca), riassunte in un decreto di circa 350 pagine frutto di indagini dei carabinieri di Caivano, Casoria e Castello di Cisterna, il sodalizio “risultava avere in particolare come punto di riferimento Angelino Antonio, alias “Tibiuccio“, soggetto pluripregiudicato, ritornato in libertà dopo una detenzione quasi trentennale”.

“Tibiuccio”, già in carcere, era il boss che interagiva coi politici e col tecnico Martino Pezzella, uno dei fermati, “quali intermediari, preposti ad acquisire informazioni sulle assegnazioni alle imprese dei lavori pubblici presso il Comune di Caivano, affidati tramite determine a firma del dirigente del 7° settore lavori pubblici Vincenzo Zampella, nonché a gestire le aggiudicazioni dei suddetti lavori ad imprenditori compiacenti, i quali da un lato versavano compensi corruttivi agli amministratori ed al funzionario in cambio degli affidamenti, dall’altro erano costretti a versare somme di denaro a titolo estorsivo a vantaggio del clan”. Agli ordini di “Tibiuccio”, col compito “di tenere costanti contatti” coi politici, c’erano due esponenti del clan, Giovanni Cipolletti e Massimiliano Volpicelli (già detenuti). A Gaetano Angelino (già detenuto), l’autista del boss, ed a Raffaele Bervicato e Raffaele Lionelli (arrestati), venivano affidate le direttive da eseguire e le armi da custodire.

I lavori sottoposti – secondo l’accusa – a pressioni estorsive per ricavare tangenti, da spartire tra camorristi, politici e funzionari pubblici, erano quelli di manutenzione e messa in sicurezza della Villa Comunale di Pascarola, i lavori di edilizia scolastica presso l’istituto scolastico superiore “Morano” del Parco Verde, (scuola simbolo di legalità e anticamorra), l’efficientamento energetico nell’istituto comprensivo De Gasperi, alcuni lavori di manutenzione di siti comunali, la manutenzione straordinaria della rete idrica e fognaria e delle strade comunali, il rifacimento dei marciapiedi di due strade, alcuni lavori di messa in sicurezza particolarmente urgenti, le sostituzioni dei lampioni e più in generale le commesse di illuminazione pubblica. Il capo dell’ufficio tecnico Zampella è indagato per diversi episodi di corruzione e turbativa d’asta aggravata dal metodo camorristico intorno agli appalti oggetto dell’inchiesta, mentre l’ex assessore Peluso risponde di una corruzione aggravata dal metodo camorristico in concorso con un imprenditore indagato a piede libero: è accusato di aver favorito l’emanazione di una determina di spesa per rimuovere alcune strutture dalle aiuole comunali “in cambio di utilità non accertate” da parte del titolare dell’impresa.

L’indagine è nata dalle minacce camorristiche al capogruppo del Pd in Consiglio comunale Arcangelo Della Rocca, in seguito nominato assessore all’Urbanistica. Il 31 agosto 2021 i Carabinieri annotano un dialogo concitato tra lui e un pregiudicato. Il 21 settembre una fonte confidenziale spiffera loro che Della Rocca il giorno prima era stato avvicinato da due persone a bordo di uno scooter e “colpito con un violento pugno al volto”, poco prima del Consiglio comunale al quale avrebbe partecipato con la faccia gonfia e livida. Convocato il giorno dopo in caserma, il politico ricostruisce i dettagli dell’accaduto senza sporgere denuncia, “ in quanto palesemente intimorito”. E spiega che il pregiudicato gli ha detto: “Qui ci siamo anche noi”. Grazie alle immagini della videosorveglianza, i carabinieri scoprono che una delle persone che lo avvicinano in scooter poco prima dell’aggressione è Giovanni Cipolletti. Il 24 settembre Della Rocca formalizza una denuncia, senza però “nessuna indicazione utile all’individuazione dei responsabili…”, ribadendo “con evidente reticenza” di non essere in grado di riconoscerli. Solo grazie alle cimici piazzate nell’auto del consigliere e ad alcune intercettazioni telefoniche, tra cui una col trojan sul cellulare di Peluso del settembre 2022, i carabinieri riescono ad inchiodare Volpicelli come autore materiale dell’aggressione a Della Rocca: “Io perché veramente ti voglio bene! (…) Perchè sennò, io facevo, come feci a Della Rocca!” (…) “andai fino a sotto casa sua e lo picchiai!”, dice il camorrista. I pm ritengono che l’aggressione compiuta “da Volpicelli, spalleggiato da Cipoletti (…) fosse ragionevolmente finalizzata ad ottenere dall’assessore utilità anche collegate alla carica pubblica da lui rivestita”.

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