Marelli va avanti e non rinuncia alla chiusura dello stabilimento di Crevalcore. L’azienda, controllata dal fondo americano Kkr, ha comunicato ai sindacati e alla Regione Emilia-Romagna che la decisione di serrare i cancelli del sito bolognese dal 2024 andrà avanti: l’idea – sulla carta – è quella di spostare una parte di macchinari nel sito di Bari, dismettendo una porzione della produzione. Tuttavia nello stabilimento pugliese le linee che erano destinate a Crevalcore (motori diesel Euro 6 ed Euro 7) sono già funzionanti e andranno a regime a breve. Nulla, oltretutto, è stato comunicato riguardo ai 229 dipendenti della fabbrica, impegnati finora nello sfornare collettori di aspirazione aria e di pressofusi di alluminio per motori endotermici.

Al momento non è prevista ricollocazione in altri stabilimenti ed è stata aperta la procedura di licenziamento, poi sospesa fino al 3 ottobre dopo le proteste dei sindacati. Fiom, Fim e Uilm sono tornate ad attaccare dopo l’incontro in Regione chiedendo “l’apertura di un confronto” sul piano industriale parlando di una scelta “estremamente grave e irresponsabile” dell’azienda.

“Non è accettabile fare un confronto con la pistola puntata del contatore che ripartirà dopo l’incontro al Mimit del 3 ottobre. Sarà necessario proseguire la mobilitazione per riportare la richiesta in sede ministeriale”, hanno spiegato Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile settore mobilità, e il segretario bolognese della Fiom Simone Selmi. Quindi tutti i sindacati presenti in fabbrica hanno annunciato per il 3 ottobre, in occasione dell’incontro al ministero, 8 ore di sciopero e un presidio sotto gli uffici del Mimit.

Marelli, hanno ricordato dalla Fiom, ha “un’importanza strategica” nella filiera dell’auto e per questo “chiediamo la presenza al tavolo al Mimit, del fondo Kkr, proprietaria del gruppo, che nel frattempo investe nelle reti di comunicazione del nostro Paese, e chiude stabilimenti”. Il fondo ha acquisito Marelli nel 2018 dall’allora Fca attraverso la giapponese Calsonic Kansei ed è protagonista in diversi dossier industriali italiani, a cominciare da quello su Tim e la rete. L’operazione ha fruttato a Fca, all’epoca controllata dalla famiglia Agnelli-Elkann, 5,8 miliardi di euro.

“Questa non è la giusta transizione. Non si strumentalizza in questo modo una discussione certamente non semplice e sulla quale dovrà prendere posizione anche e soprattutto il governo”, ha rimarcato la Fiom chiedendo nuovamente una presa di posizione dell’esecutivo, come già fatto negli scorsi giorni dal segretario generale Michele De Palma.

Tra le ragioni indicate da Marelli infatti c’è la crisi dei motori endotermici, la cessazione da parte di Stellantis della produzione dei motori Gse, e dei generali livelli di investimenti del settore. Per battersi contro questa situazione, i sindacati propongono “una allargamento della mobilitazione, perché – conclude Lodi – è evidente che la questione dei lavoratori Marelli di Crevalcore riguarda tutti i lavoratori d’Italia”.

Stessa linea anche per Gianluca Ficco della Uilm: “Finché l’azienda non ritirerà la procedura di chiusura di Crevalcore, noi continueremo con le mobilitazioni non solo qui a Bologna ma con azioni che coinvolgono tutti i lavoratori Marelli in Italia”, ha detto il segretario dei metalmeccanici Uil sottolineando che Crevalcore “non sarà l’unica vittima della transizione all’auto elettrica” se “non cambierà la strategia di Marelli e la strategia del governo verso l’automotive”.

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