Marelli chiude lo stabilimento di Crevalcore (Bologna) specializzato in produzioni legate alle motorizzazioni auto tradizionali e che dà lavoro a 230 persone. L’attività verrà trasferita nel polo di Bari. La società ribadisce che l’Italia è strategica, in quanto lo considera “un centro di rilievo in ambito ingegneria e ricerca e sviluppo, così come un importante polo produttivo”. I sindacati però la vedono diversamente. “Chiediamo a Marelli di rivedere la sua decisione e al governo di convocare immediatamente un tavolo istituzionale di confronto”, scrivono Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm, Aqcfr. “È da tempo – affermano i sindacati – che chiediamo riconversioni per le fabbriche legate al motore termico, senza le quali la chiusura di Crevalcore sarà solo la prima di una lunga serie, così come chiediamo di concentrare le risorse pubbliche sulle leve che possono salvaguardare e rilanciare l’industria di esportazione. È su queste priorità che si deve concentrare l’interesse del Ministero del Made in Italy e delle Imprese”. Le organizzazioni sindacali hanno quindi proclamato otto ore di sciopero in tutto il gruppo per venerdì 22 settembre.

“Rimaniamo perplessi dalle dichiarazioni del Ministro Urso e dal suo ottimismo su una possibile soluzione a breve, mentre le lavoratrici e i lavoratori di Stellantis scioperano per le condizioni di lavoro e le incertezze occupazionali e la Marelli ha comunicato la decisione di chiudere lo stabilimento di Crevalcore, in provincia di Bologna, che conta 230 dipendenti. Non solo, non abbiamo dato nessuna delega al Ministro a contrattare per nome e per conto dei lavoratori, ma ad oggi non siamo stati convocati per la trattativa con Stellantis e al MIMIT non vi è traccia di un piano di sostegno alle aziende dell’automotive a partire dalla Marelli. Abbiamo avanzato delle proposte, ora è il tempo delle proteste”, afferma Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile settore mobilità.

La Direzione aziendale ha spiegato che le ragioni della chiusura sono duplici. Da un lato il risultato economico negativo, quest’anno previsto pari a circa 6 milioni di perdita anche a causa dell’aumento del costo dell’energia, nonché della dinamica negativa delle attività legate al motore endotermico che oggi porta a un utilizzo del 45% della capacità produttiva. Questo aggravato dalla scelta di non prevedere alcun investimento per la transizione all’elettrico. L’intenzione in ogni caso è quella di chiudere all’inizio del prossimo anno”. Marelli è stata venduta nel 2018 da Fca (ora Stellantis) alla giapponese Calsonic Kansei che, a sua volta, è controllata dal fondo statunitense Kkr protagonista in molti dossier industriali italiani, a cominciare da quello su Tim e la rete. L’operazione ha fruttato ad Fca, controllata dalla famiglia Agnelli – Elkann, 5,8 miliardi di euro. Come da sua pratica abituale, Kkr ha scaricato sulla società i debiti contratti per acquisirla portando il fardello della società oltre gli 8 miliardi. Condizione che drena risorse per investimenti e conversioni all’elettrico.

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