La transizione del settore automotive inizia a mietere vittime senza che il governo muova un dito, nonostante – di traverso – sia coinvolta anche Stellantis, che si appresta a chiedere soldi pubblici all’esecutivo per mantenere i livelli produttivi da Mirafiori a Melfi. Il ritardo dell’Italia sull’elettrico è tutto racchiuso nell’accusa mossa dai sindacati dopo la decisione presa da Marelli di chiudere la fabbrica di Crevalcore, dove sono impiegati 229 dipendenti nella produzione di collettori di aspirazione aria e di pressofusi di alluminio per motori endotermici. Così Fiom, Fim e Uilm hanno deciso di trasformare la dismissione del sito bolognese controllato dal fondo Kkr in una sorta di linea del Piave del settore auto nel nostro Paese.

I sindacati tutti insieme: “Inaccettabile licenziare” – Il trasferimento della produzione a Bari ha messo in allerta le sigle dei metalmeccanici, che intravedono nella mossa del fondo statunitense – proprietario della fabbrica dal 2018, quando la acquisì da Fiat – il primo caso di una possibile lunga catena di cancelli serrati e lavoratori messi alla porta a causa dell’inerzia delle istituzioni italiane nel passaggio ai motori elettrici. Per questo è partita la mobilitazione unitaria che andrà avanti fino a venerdì e mercoledì pomeriggio davanti alla fabbrica a cavallo tra le province di Bologna e Modena è arrivato il segretario della Fiom Cgil, Michele De Palma. “Se chiudiamo la Marelli di Crevalcore, perché la questione riguarda tutti, l’impresa, il governo, la società italiana, stiamo dicendo una cosa: che la transizione nel nostro Paese non si fa salvaguardando l’occupazione, ma licenziando le persone”, ha detto il leader dei metalmeccanici della Cgil giudicando “inaccettabile” la decisione dell’azienda.

De Palma: “Diamo soldi a Stellantis e perdiamo la sua filiera” – Kkr ha comunicato il solo trasferimento dei macchinari nel sito pugliese senza specificare cosa ne sarà del futuro dei 2290 dipendenti bolognesi. “Siccome abbiamo avanzato proposte all’azienda, ai governi che si sono alternati, ora per noi è il momento della protesta: devono sapere che senza un confronto che salvaguardi il sito produttivo e l’occupazione, noi non terremo lo scontro soltanto su quel territorio, perché da lì passa l’idea complessiva della transizione nel nostro Paese”, ha spiegato De Palma parlando di “responsabilità” della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. “Negli altri Paesi europei della transizione si sta occupando al presidenza del Consiglio, noi siamo in assenza di interlocuzione e confronto”, è stato il suo affondo. E ha ricordato che “tutte le produzioni di Crevalcore sono legate a Stellantis”, per questo “ci devono far capire se i soldi pubblici nostri li dobbiamo dare” al gruppo franco-italiano “che nel frattempo non mette in condizioni la filiera di rimanere nel nostro Paese”.

Molte coppie ed età media alta: il dramma degli operai – All’interno dello stabilimento, come ricorda la delegata della Fim Cisl Grazia Vitiello, il 30% dei 229 dipendenti sono marito e moglie e l’età media è attorno ai 45 anni. In sostanza, è l’allarme della sindacalista, la chiusura vorrebbe dire mettere “fuori dal mondo lavorativo” una buona fetta di operai e impiegati. Anche perché Marelli ha comunicato lo spostamento dei macchinari a Bari, dove proseguirà la produzione delle componenti in plastica senza anticipare nulla sul destino dei lavoratori. Come spesso è avvenuto in casi analoghi, se l’annunciata chiusura nel 2024 dovesse concretizzarsi è possibile un massiccio ricorso a prepensionamenti e trasferimenti che, alla fine, inevitabilmente, lascerà senza lavoro una fetta di dipendenti.

La Fim: “Francia e Germania hanno un piano di settore” – Parlando di Crevalcore come di una “spia” di un settore che “farà pagare la transizione ai lavoratori” se “abbandonato a se stesso”, il leader della Fim-Cisl Roberto Benaglia ha sottolineato come “imprese e sindacati continuano a essere lasciati soli davanti alle transizioni” e “non ce lo possiamo permettere”. Perché la diretta conseguenza sarà che di i “casi Crevalcore” finiranno per essere “all’ordine del giorno”. L’automotive, ha detto ancora Benaglia, “ha bisogno in Italia per il peso e l’importanza economica, tecnologica, industriale e occupazionale che riveste di un ‘piano di settore’ come Francia e Germania hanno già previsto e che chiediamo da tempo insieme alle altre organizzazioni sindacali e Federmeccanica”. E invece “da oltre un anno ormai il governo non ha deciso nulla sul fondo pluriennale di oltre 6 miliardi già a disposizione”.

Fiom: “Meloni da che parte sta? Alzi il livello dello scontro” – Per questo De Palma chiama in causa direttamente la presidente del Consiglio Meloni: “Da che parte stai? In questi casi non si può stare in mezzo, si può stare da una parte o dall’altra. Se si decide di stare dalla parte dei lavoratori italiani della Marelli, il presidente del Consiglio e il ministro Urso, a cui i sindacati hanno scritto unitariamente per la convocazione immediata di un tavolo, devono alzare il livello dello scontro nelle prossime ore, chiamare Kkr e chiedere che cosa sta succedendo all’interno del nostro Paese”. I lavoratori hanno invece già iniziato la loro protesta con un presidio all’esterno dello stabilimento: si divideranno in tre turni, come per lavoro, ma restando all’esterno dei cancelli. Anche i camionisti che passano davanti all’azienda manifestano la loro solidarietà suonando il clacson. E perfino gli agenti di polizia, arrivati per controllare che la protesta si svolga pacificamente, hanno espresso il loro dispiacere per la situazione difficile in cui si trovano gli operai. All’appello manca solo il governo.

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Marelli di Crevalcore, De Palma (Fiom) davanti allo stabilimento: “Per la prima volta si vuole fare la transizione licenziando. Problema di tutti”

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